la straniera

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  1. :swansong
     
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    «La gente scompare di continuo: chiedetelo a qualunque poliziotto. O, meglio ancora, a un giornalista: le scomparse sono il loro pane quotidiano.
    Ragazzine che scappano di casa, bambini che sfuggono di mano ai genitori e spariscono senza lasciare traccia. Casalinghe frustrate che, avendone fin sopra i capelli, prendono i soldi della spesa e fuggono in taxi fino alla stazione dei treni. Uomini della finanza internazionale che cambiano nome e svaniscono nel fumo di sigari d’importazione.
    Molti di loro vengono ritrovati, alla fine, vivi o morti. Alle scomparse, dopotutto, una spiegazione c’è.
    Di solito».


    «Ha incontrato qualche variazione interessante, durante la sua ehm, esperienza di guerra?».
    «Certamente», replicai. «La mia preferita l’ho imparata da uno yankee. Si chiamava Williamson, ed era di New York, credo. La diceva ogni volta che gli cambiavo le bende».
    «E qual era?»
    «Dio cristo d’un Roosvelt», risposi.


    Facendo attenzione a non toccarmi in altro modo, mi prese il mento costringendomi a guardarlo negli occhi.
    «Non devi avere paura di me», mormorò a bassa voce. «Né di nessun altro, finché ci sono io con te».


    «Nessun problema, ragazza», rispose lui, rifiutando i ringraziamenti.
    «Ma per te è stato rischioso», insistei. «Non mi ero resa conto che ti stavo mettendo in pericolo quando te l’ho chiesto».
    «Ah», fece lui, vago. E qualche attimo dopo, con una punta do ironia: «Non crederai mica che io sia meno coraggioso di una piccola Sassenach, vero?».


    «Conosci il mio motto, ragazza?» domandò. «Quello del mio clan, intendo».
    «No», risposi sorpresa. «Qual è?».
    Lanciò in aria il distintivo, poi lo riafferrò e se lo ficcò deciso nella borsetta di pelo. Gettò uno sguardo torvo verso l’arcata oltre la quale si stavano disordinatamente raggruppando gli uomini del clan MacKenzie.
    «Je suis prest», replicò, stupendomi con il suo ottimo francese.


    «Non ti dà fastidio che io non sia più vergine?». Esitò un attimo prima di rispondere.
    «Bè, no», rispose lentamente, «purché a te non dia fastidio che lo sia io». Sorrise nel vedermi a bocca aperta, poi si voltò verso la porta.


    Mi girai verso Jamie, in preda a un panico improvviso. «Non posso sposarti! Non so nemmeno come ti chiami do cognome!».
    Mi guardò, sollevando un sopracciglio rossiccio, «Oh. Fraser. James Alexander Malcolm MacKenzie Fraser». Pronunciò ciascun nome in tono formale, scandendolo lentamente.
    Completamente nel pallone replicai «Claire Elizabeth Beauchamp» e gli tesi la mano come un’idiota.


    «Era l’anello nuziale di mio padre», spiegò. «Di solito non lo porto, ma io... Bè, oggi volevo farti onore cercando di apparire nella migliore forma possibile». Arrossì lievemente a questa ammissione, e si affrettò a richiudere la borsetta di pelo.


    «Non avevi mai visto una donna nuda, prima d'ora?», domandai.
    «Aye, ma non così da vicino». Un bel sorriso gli illuminò il volto. «E mai una che fosse mia».

    «Ah, davvero ci tieni tanto a portarmi a letto?», domandai sfacciata.
    «Se devo essere sincero, sì». Gli occhi azzurri erano fissi sul bordo del bicchiere.


    Ricadde all’indietro, con i brividi e il respiro affannoso. Mormorò qualcosa in gaelico, a occhi chiusi.
    «Che cosa hai detto?».
    «Ho detto», rispose, aprendo gli occhi, «che pensavo che mi stesse per scoppiare il cuore».


    «Dove hai imparato a baciare così bene?», gli chiesi, con il fiato un po’ corto. Lui sorrise e mi attirò di nuovo a sé.
    «Ho detto che ero vergine, mica un monaco», rispose, baciandomi di nuovo.


    «No, dimmi. Che cosa pensavi?».
    «Non voglio dirtelo; rideresti di me».
    «Prometto di non ridere. Dimmelo». Mi accarezzò i capelli, sistemandomi e riccioli dietro le orecchie.
    «Oh, va bene. Non sapevo che si facesse faccia a faccia. Pensavo si dovesse fare da dietro: come i cavalli, tipo».
    Fu difficile mantenere la promessa, ma non risi.


    «Non avere paura», mi sussurrò tra i capelli. «Adesso siamo in due».


    «Significa ‘mia bella bruna’». Mi prese una ciocca di capelli e se la portò alle labbra sorridendo, con un luccichio negli occhi che mi fece rimescolare il sangue nelle vene. «Mo duinne», ripeté dolcemente. «Desideravo da tanto potertelo dire».


    «Non ero mai stato a letto con una donna prima d’ora, però ne ho, ah, ne ho avute alcune per le mani». Sorrise timidamente, e scosse la testa. «Non era la stessa cosa. Voglio dire, ne ho abbracciate alcune, e le ho baciate, e poi... Bè». Agitò la mano, come a liquidare il poi. «È stato davvero molto piacevole. Mi ha fatto battere forte il cuore e mi ha accorciato il respiro, e cose del genere. Ma non è stato come quando abbraccio e bacio te». I suoi occhi, pensai, erano dello stesso colore dei laghi e del cielo, e altrettanto insormontabili.
    Allungò la mano e mi toccò il labbro, sfiorandolo appena. «Da principio è la stessa cosa, ma poi», disse a bassa voce, «è come se di colpo tenessi tra le braccia una fiamma viva». Aumentò la pressione del tocco, disegnandomi la linea delle labbra e accarezzandomi la guancia. «E io non desidero altro che buttarmi lì in mezzo fino a farmi consumare».

    libro di Diana Gabaldon.






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    Edited by :swansong - 28/1/2015, 23:19
     
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  2. :swansong
     
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    ho un po' aggiornato. Con la lettura ho superato la metà, ma a breve devo restituirlo alla biblioteca e la sessione invernale mi impedisce di finirlo. Anyway, la serie si attiene molto... la preferisco al libro. ♡
     
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1 replies since 26/12/2014, 19:10   69 views
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