lettere a milena

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  1. pïnkman
     
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    «Il sonno è l'essere più innocente che ci sia e l'uomo insonne il più colpevole».


    «Bisognerebbe, Milena, prendere il Suo viso fra le mani e guardarLe fermamente negli occhi, affinchè negli occhi dell'altro Lei riconosca se stessa e da questo momento non sia più capace neanche di penare cose come quelle che ha scritte là».


    «Leggo le due lettere come il passero becca le briciole nella mia stanza, tremando, stando in ascolto, spiando, con tutte le penne arruffate».


    «Quando finalmente si raddrizzerà un poco il mondo rovescio?».


    «La lettera di martedì invece, nonostante una notte quasi insonne a causa della lettera di lunedì, mi rende oggi abbastanza tranquillo e fiducioso. Certo anche quella di martedì ha la sua spina che si apre la via incidendo il corpo, ma tu la conduci e quale cosa, quale cosa, se viene da te, sarebbe difficile sopportare?».


    «Per favore dammi ancora una volta del tu - non sempre, non lo vorrei nemmeno - ma ancora una volta».

    (Franz.)


    «Preferirei fuggire per una terza via che non conduca né da te né con lui, in qualche solitudine».

    (Milena.)


    «Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta, e comunque sia, si trema sempre».


    «Come continueremo a vivere?».


    «Prego tremando e fuori di me in un angolo perchè tu, come sei entrata rombante in questa lettera, possa volare di nuovo dalla finestra, non posso tenere in camera un uragano».


    «Quando si venne ancora a parlare della cosa principale non potei fare a meno di dire che accanto a te tutto il resto scompare e si riduce a niente, anche se in sé rimane immutato».


    «E nonostante tutto credo talvolta: se si può perire di felicità, ciò deve capitare a me. E se uno destinato a morire può ritornare in vita grazie alla felicità io rimarrò in vita».


    «Mi ruberà del tempo, mentre tutto il tempo e mille volte più di tutto il tempo anzi tutto il tempo che esiste mi occorre per te, per pensare a te, per respirare in te».


    «E' un po' fosco a Praga, non è arrivata ancora alcuna lettera, il cuore incomincia a pesarmi, certo è impossibile che una lettera possa già essere qui, ma vai a spiegarglielo al cuore».


    «Sono troppo stanco per poter scrivere, troppo stanco per ricavare subito dalle quattro lettere, da questa montagna di disperazione, dolore, amore, amore ricambiato, ciò che mi rimane, tanto si è egoisti quando si è stanchi e per due giorni e due notti ci si è consumati nelle più orrende immaginazioni».


    «E dire che in fondo non amo te, ma piuttosto la mia esistenza donatami da te».


    «Finora pensavo di non saper sopportare la vita, sopportare gli uomini, e me ne vergognavo molto, ma tu ora mi confermi che non era la vita a parermi insopportabile».


    «Queste righe erano scritte quando arrivarono le due lettere a matita. Credevi ch'io non sapessi che sarebbero arrivate? Ma soltanto del profondo lo sapevo e là non si vive di continuo, si preferisce invece vivere sulla terra nella forma più miserevole».


    «Del resto, in contrasto col medico, so che per guarire alla meglio ho soltanto bisogno di riposo, di una specie particolare di riposo o, se vogliamo guardarla da un altro lato, di una specie particolare d'inquietudine».


    «E a occhi chiusi guardo in quelle profondità e quasi affondo in te».


    «E non è gelosia, è soltanto un girare intorno a te, perchè voglio afferrarti da tutti i lati, dunque anche dal lato della gelosia, ma è sciocco e non avverrà, sono soltanto i sogni malsani dell'esser solo».


    «Come fu d'altronde che allora nel bosco dicesti che anche tu non ti saresti immaginata diversamente tutto questo?».


    «Ieri ti consigliai di non scrivermi ogni giorno, anche oggi sono di questa opinione, sarebbe un gran bene per entrambi e oggi te lo consiglio di nuovo e con più insistenza - ti prego soltanto, Milena, di non darmi retta e di scrivermi ogni giorno, basta anche brevemente, più brevemente delle lettere di oggi, soltanto due righe, soltanto una, soltanto una parola, ma la mancanza di questa parola mi farebbe soffrire terribilmente».


    «Lontano da te non posso vivere se non dando pienamente retta all'angoscia, dandole più retta di quanto essa non voglia, e lo faccio senza costrizione, con entusiasmo, mi riverso in essa».


    «Sono stanco, non so nulla e non vorrei che posare il viso nel tuo grembo, sentire la tua mano sul mio capo e rimanere così per tutte le eternità».


    «E così, Milena, ci siamo del tutto separati e si direbbe che con tutte le nostre forze abbiamo in comune un solo desiderio: che tu sia qui e il tuo viso mi sia possibilmente vicino».


    «Milena fra i salvatori, lei che continuamente impara a proprie spese che si può salvare un altro soltanto mediante la propria esistenza. Ed ora mi ha già salvato con la sua esistenza e cerca ancora di farlo in un secondo tempo con altri mezzi, infinitamente minori».



    «E ora, Milena, anche tu ti stacchi da me, non per molto, lo so, ma, vedi, l'uomo non resiste a lungo senza i palpiti del cuore; e fintanto che tu ne sei staccata, come vuoi che palpiti?».


    «Oggi per la prima volta, credo, da quando sono a Praga, ho sognato te».


    «tu possiedi una particolarità che non ho mai trovato in nessuno, che anzi, pur avendola trovata qui, non riesco neanche a figurarmi. E' la particolarità che tu non sei capace di far soffrire. Non sai far soffrire non già per compassione, ma perchè non puoi».


    «Chi mi garantisce che il telegramma sia stato spedito da te in persona e tu non sia invece tutto il giorno a letto, lassù in quella camera dove vivo più della mia?».


    «Si è fatto un silenzio così vasto, non si ha il coraggio di dire una parola in questa quiete. Be', domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi».


    «E ti amo dunque, o donna tarda a capire, come il mare ama un sassolino sul fondo, proprio così il mio amore ti inonda».


    «Sporco sono, Milena, infinitamente sporco, perciò faccio tanto chiasso per la purezza».


    «Perchè non si può adattarsi a riconoscere che è giusto vivere in questa tensione del tutto particolare, in questa sospensione suicida ma la si allenta per capriccio, se ne esce come animali irragionevoli e si immette così tutta l'elettricità disturbata e furente nel corpo fino a farsi quasi bruciare?».


    «O tu sei mia e tutto va bene, o invece ti perdo e allora non è che vada male, ma allora non c'è niente, non rimane gelosia, non sofferenza, non ansietà, niente di niente».


    «In verità oggi ne avevo proprio bisogno; come hai fatto a saperlo? Con quanta naturalezza viene da te ciò che è necessario, sempre».


    «Noi viviamo sugli equivoci, con le nostre risposte svalutiamo le nostre domande».


    «Talvolta, quando ci si sveglia la mattina, si crede che la verità sia accanto al letto, cioè una fossa con qualche fiore appassito, aperta, pronta ad accoglierci».


    «Non abbiamo forse gli occhi per strapparceli e il cuore per il medesimo scopo?».


    «E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso».


    «E ora chiudo le labbra per rimanere soltanto un poco nella verità».


    «Dunque dirò soltanto di me: ciò che tu sei per me, Milena, per me al di là di tutto il mondo in cui viviamo, non è detto nei quotidiani brandelli di carta che ti ho scritto».


    «Certe volte, non in sogno, ho questa visione: il tuo viso è nascosto dai capelli, io riesco a dividerli e a respingerli a destra e a sinistra, il tuo volto mi appare, ti accarezzo la fronte e le tempie e tengo il tuo viso fra le mani».


    «Tutta l'infelicità della mia vita proviene, se vogliamo, dalle lettere o dalla possibilità di scrivere lettere. Gli uomini non mi hanno forse mai ingannato, le lettere invece sempre, e precisamente non quelle altrui, ma le mie».


    «Come sarà nata mai l'idea che gli uomini possono mettersi in contatto tra loro attraverso le lettere? A una creatura umana distante si può pensare e si può afferrare una creatura umana vicina, tutto il resto sorpassa le forze umane. Scrivere lettere però significa denudarsi davanti ai fantasmi che ciò attendono avidamente».


    «Non vi sono matrimoni infelici, ma solo incompiuti e sono incompiuti perchè contratti da esseri umani incompiuti, esseri umani che si sono arenati nella loro evoluzione, esseri umani destinati a essere strappati ai campi prima del raccolto».

    (Franz.)


    libro di Franz Kafka


    asko



    Edited by pïnkman - 28/10/2014, 20:43
     
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