Sorcerer's apprentice

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  1. ring'bell
     
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    Notando il successo che ha riscontrato, vi posto la prima fanfic sul film disneyano de L'apprendista stregone. La particolarità di questo racconto, è che è stato scritto PRIMA d'aver visto il film. :smile:


    (Notte al Palace Hotel.)
    Notte. Un Palace Hotel. Tacchi a spillo nei corridoi, bui e silenziosi. Balthazar si volse, i nervi tesi e i suoi sensi affilati da mago, all’erta. Stava arrivando qualcuno. Una donna. Ma nell’hotel a quest’ora, dorme anche il personale, pensò, chi l’aveva seguito? Aveva dalla sua la magia, se qualcuno l’avesse visto, ben presto se ne sarebbe dimenticato. La porta pesante che era stata aperta poco prima da lui, si spalancò senza emettere alcun rumore. Rimase senza parole. Sapeva chi era, oh se lo sapeva. Prima che le sue emozioni lo tradissero, lanciò una palla di fuoco fatuo verso la donna. Una donna meravigliosa. Era bionda, slanciata, occhi che ti piantonavano al muro, terribilmente chiari, grigi per la precisione. Una pupilla nera come l’immensità dell’universo. Sapeva che era la stessa oscurità che animava l’animo di quella dea in terra. Pensava troppo, stava perdendo la concentrazione. La donna divenne della stessa sostanza di cui era fatto l’incantesimo lanciato da Balthazar, e ben presto della palla di fuoco non vi fu più traccia. Prima che potesse contrattaccare, il mago si vide davanti a un palmo dal suo volto quello della maga. Ancora calda di teletrasporto, i capelli quasi bianchi rigati da filamenti di fumo nero. “Mi sei mancato, Balthazar” disse la donna, inchiodandolo con lo sguardo. Il mago poteva sentire il suo respiro entrare nelle sue labbra. Era una sensazione unica, inebriante, sensuale, e tutto, scaturiva da lei. “Non posso dire lo stesso, Nabila.” Ossì che era lo stesso, ma non poteva smentirsi. “Che peccato” fece lei, imitando la smorfia che avrebbe fatto una bambina viziata. “Dovresti saperlo che cosa provo per te. Prima, nel corridoio, ho sentito che mi avresti uccisa, se lo avessi trovato necessario. Sai che io non lo farei mai.” Erano ancora uno davanti all’altra, perfetti completi, fermi, in un gioco di seduzione e attenzione. “Tu mi ucciderai, se continuerai così” mise in chiaro il mago, “non posso fidarmi di te, non lo farò mai. Non intendo incrociare una secondo volta il tuo sguardo, sapendo cosa sei diventata.” Nabila abbassò per la prima volta lo sguardo. “Sono più potente” si spiegò. “Ti sei venduta al male!” scoppiò allora Balthazar “hai perso quello che eri, hai perso la tua vita, e hai perso me” Per quanto facesse male, provava un odio e una soddisfazione profonda nel pronunciare quelle parole. Allora, Nabila prese la sua mano e gliela baciò, dimostrandosi vulnerabile come solo una donna poteva esserlo davanti a un uomo. “Quello che sono diventata, non” si bloccò un nanosecondo “non interferirà mai con” … “con te”. Non capiva o non poteva capire, anche se tutto stava lì, davanti a lui. Forse anni fa l’avrebbe ascoltata, ma ora, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto. Gli accarezzava la mano che aveva appena baciato “E’ questo. Sono arrivata tardi, pur essendoci sempre stata.” Ora stava guardando il suo anulare occupato da un anello. Una fede. Lui si scosse e nascose la mano in tasca. “Horvath. Lui ti manda da me?” Nabila abbassò lo sguardo nuovamente, e Balthazar poté iniziare a sentire la mancanza di quegli occhi che ben presto non l’avrebbero guardato mai più. La donna rise soave, un risolino acuto che poteva risultare fastidioso preso a sé, ma nel complesso di quella figura risultava irresistibile. “Balthazar.” Ripose i suoi occhi su di lui. “Balthazar, ci conosciamo da così tanto tempo, non puoi pensare che mi lascio comandare da un ciarlatano come Horvath.” “Allora, aiutami.” Era così semplice. Sarebbe stato tutto più semplice. Lei di nuovo al suo fianco, un’ultima emozione prima di tornare tra le braccia di Veronica. Braccia delle quali, in quello stesso istante non era più sicuro di volere, poiché davanti a lui già tutto possedeva. Nabila si allontanò violentemente da lui “Non è un mio problema” disse un tono freddo. Era tornata la predatrice temibile che era, con occhi totalmente privi di sentimento. Mossa falsa. Aveva perso la possibilità di portarla dalla sua parte, anche solo per un attimo. “Allora perché sei qui, se non vuoi uccidermi e se non per conto di Horvath?” Ma che stava facendo?! Un attimo prima, stava praticamente accettando il fugace flirt della maga, e adesso lui stesso si permetteva un tono così formale nei suoi confronti? Nonostante questo non sembrò un problema per Nabila, che rispose pronta “Che tu ci creda o no, sono qui perché mi serve un oggetto. Ho percepito la sua aurea, deve trovarsi per forza tra queste mura …” disse sbrigativa. Un fugace sorriso da gatta la fece continuare “Peccato che sia la stessa cosa che stai cercando tu.” Balthazar alzò gli occhi al cielo. Dio, perché complicavi tutto? Fu in quel momento che arrivò Dave, il suo apprendista. Ora sì, che era tutto perfetto! “Oh mio dio” esclamò Nabila “Avete già un figlio, e così grande!” “Come scusa?!” era rimasto un po’ indietro “Io suo figlio?” domandò Dave “Ma, che ti sembra … ti fai … ma che, che, che vai a pensare! Non è mio figlio!” era incredulo, anche solo che avesse potuto pensarci … “Ah” disse semplicemente lei. “No, e non ho figli. Contenta?” “Ma io non ho detto niente.” Ribatté innocentemente. Balthazar si voltò verso il ragazzo. Se avesse anche solo osato ridere, gli avrebbe fatto pulire tutto lo studio. Posò nuovamente il suo sguardo su Nabila e rimase esterefatto. “E tu quando ti sei cambiata d’abito?!” Prima non se lo era sognato, era arrivata con tacchi a spillo e un vestito nero da serata di Gala. Ora aveva davanti una donna dai pantaloni in pelle, stivali con frange e camicia bianca aderente. Sorrise “Quando hai dalla tua la magia, perché accontentarsi di un solo paio d’abito al giorno?” poi si guardò, per analizzarsi meglio “fa troppo motociclista secondo te?” Dave ne era rimasto impressionato, “Uao” Infine l’orologio suonò le 3 di notte. “Devo andare” disse con noncuranza, voltando le spalle al mago e al “quasi” mago. “Cosa? Non puoi andartene così!” non poteva credere che la magia, l’attrazione, chiamatela come volete, di poco prima fosse svanita come se non fosse mai esistita. “Già, hai ragione.” Pensò la donna. “Ero venuta per lo scrigno di ferro stagno, ma vedo che tu hai degli impegni più urgenti.” E fissò Dave. “Posso permettermi di darti qualche giorno di vantaggio, pur sperando che lo riporterai qui, una volta che avrai finito di usarlo.” Balthazar non voleva che il loro ultimo incontro si chiudesse in quel modo. Nabila prese la rincorsa verso la grande finestra della sala, e si slanciò atletica, come fosse stata su un trampolino di una piscina, nel vuoto. Non ci furono vetri rotti, ancora una volta il suo corpo prese le sembianze del vetro cristallino, che trapassò senza ferite, trasformando per un istante il suo corpo, in una scultura di vetro. “Si è buttata!” esclamò Dave, spaventato all’idea dello schianto seguente. Balthazar non ci pensò due volte e corse verso la finestra. Non era morta come pensava Dave, figurarsi, dopo una traslazione tra corpo vitale e materia, che aveva appena compiuto non si sarebbe lasciata cadere nel vuoto con catastrofiche conseguenze. Se stava correndo verso la finestra, lo doveva alla palpitazione che sentiva fremente sotto le palme della mano. Aprì la finestra e per istinto guardò giù. Nabila era aggrappata al cornicione e come se non le costasse nessuna fatica, si alzò per riavvicinare il suo viso verso quello del mago. “Allora ti preoccupi per me” “Sapevo che non eri morta, volevo solo accertarmi …” ma lei lo zittì appoggiando delicatamente le labbra sulle sue. Delicato e sensibile, un morso morbido che non durò se non un istante. Balthazar si avvicinò ancora a lei desideroso d’averne ancora, e ancora, ma lei pose la sua mano sulla sua bocca, fermandolo. “No.” Disse. “Non sarà l’ultima volta” si allontanò leggermente “ma presto dovremo dirci addio.” Balthazar cercò di dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di farle capire che non serviva dirsi addio. “Potremmo, potremmo …” “No, non possiamo” fu la fugace risposta. Sembrava dura, con il desiderio di chiudere lì il resto della conversazione, ma non era così. C’era un taglio profondo di delusione e resa in quella risposta. “Ma fino ad allora,” proseguì, rintanando nuovamente il suo respiro in quello di lui “ti consiglio di scappare prima che le guardie notturne da me avvisate, arrivino qui e vi trovino in flagrante.” Per la prima volta il mago si lasciò andare e sorrise, consapevole che sarebbe stata per sempre così, orgogliosa, spietata, vendicativa ma magnifica. Ricambiò maliziosa il sorriso e con un balzo stavolta, Nabila si gettò nel vuoto, fino a quando una nuvola scura l’avvolse e di lei non ci fu più traccia. Dave lo raggiunse poco dopo “Ma si può sapere chi era?” Balthazar guardò la città a perdita d’occhio, luminosa, inconsapevole. Lei sarebbe per sempre stata sua, in un certo senso. Anche se non era lei, la donna che aveva sposato. Un pensiero terribile lo scosse. Aveva proclamato un sì sbagliato allora? Non poteva crederlo, ma di una cosa era sicuro, nel profondo. Mai nessuno avrebbe dovuto sapere di Nabila. Se davvero voleva che fosse sua, allora lei sarebbe diventata il nessuno di tutti, per diventare il tutto per lui. “Nessuno” disse “nessuno”.

    Notte. Un Palace Hotel. Passi nel corridoio. Le guardie stavano arrivando.


    II capitolo; qui avevo già visto il film ^^


    (Intrusa.)
    “Guarda quanta roba” commentò fra sé Nabila, mentre passava in rassegna ogni strano e ambiguo oggetto presente in quella dimessa. Poco elegante per uno stregone come Balthazar, scegliere una metropolitana dimessa per allenare il suo apprendista. “Ah,” disse piena di sorpresa, “questo non può esser vero!” stava accarezzando un teschio di unicorno. “Un sacco di mercatini,” disse, cercando di catalogarli, “antiquario napoletano, questo deve esser stato comprato in India? Forse è più plausibile Cina.” Le brillavano gli occhi, troppa ricchezza tutto d’un colpo. E Dio solo sapeva quanto lei amasse l’antiquariato, ogni oggetto aveva una sua storia, e ogni storia una sua epoca. Era come leggere un diario, poiché ogni epoca che trovava lì dentro, rappresentava una parte della sua vita. “Questo, cos’è? Un posacenere spartano!” “Spartano che cosa?!” urlò una voce dietro di lei. Non voleva credere che si era fatta beccare. Sgranò gli occhi e si voltò lentamente, “Ciao, … Dave” fece finta di ricordarne il nome, pur avendolo ben in mente. “Ah,ah,” rise nervoso “tu leggi davvero nel pensiero? No, perché stavolta non ho uno zaino sulle spalle con su scritto il mio nome …” Ormai era fritto, le allucinazioni, nel giro di dieci anni erano tornate a tormentarlo. Beh, non era poi male, insomma, lo stregone si poteva sorvolare, ma quella donna avvenente era a dir poco piacevole. Nabila si guardò intorno confusa, “a dire il vero … Dave, ci siamo già visti, ricordi? Sono quella che si è buttata dalla finestra del Palace Hotel …” lasciò in sospeso sperando che il ragazzo ricordasse da solo. “Oh, eh … sì sì certo, …” no, non ricordava. La donna alzò un sopracciglio, “AH! Ma certo! Tu sei, cioè devi essere, e credimi lo deduco da come si comporta con te … “ “Ehm, Dave cosa stai cercando di dire?” troppi giri di parole la rendevano nervosa e quel ragazzo, era il “mago” dei giri di parole. “Sì insomma sei, devi essere la ex di, di Balthazar?” Era una domanda retorica o una semplice convinzione? Quell’apprendista era peggio degli indovinelli della Sfinge! Nabila sgranava i suoi occhi chiari, ogni qualvolta Dave apriva bocca, per evitare parole che avrebbero distrutto interamente quel poco di autostima che doveva avere. “No, no scusa, lo so che l’etichetta di ex, non è delle migliori, ma se vuoi sapere la mia …” si fermò un attimo che a lui sembrò un decennio, “… beh Balthazar è stato un vero, idiota a mollarti. Sì, perché dove le trovi adesso donne come … te?” Forse si era davvero spinto troppo in là, ma Dave lo sentiva non esagerava. Sembrava albina, con occhi così chiari, dove solo la pupilla dominava con un nero pece denso, i capelli mossi che le cadevano sulle spalle altrettanto chiari da sembrare bianchi. Come se non bastasse quella donna meravigliosa le stava sorridendo radiosamente, “Grazie Dave, è il migliore complimento che mi abbiano fatto da mille anni a questa parte.” Il ragazzo sembrava immobilizzato, iniziò a balbettare qualcosa, che nemmeno lui riusciva a decifrare. “Già, mooolto idiota …” Resosi conto di quanto potesse sembrare ridicolo in quella situazione, si svegliò da quel dolce coma e collegò quello che aveva appena detto la donna. “Mi, mille anni?! Quindi tu quanti anni …” si ricordò solo dopo aver fatto la domanda, che l’età non si doveva mai chiedere a una signora. “Oh, gli anni, già … sai ho perso il conto.” Sorrise bonaria “Però se vuoi farlo tu, sappi che sono nata il 6 maggio del 456 d.c” l’incredulità era palpabile “ Ah già,” aggiunse Nabila “Allora regnava l’impero romano, il calendario era diverso da quello che usiamo oggi … il conto si complica.” Rise divertita all’idea che quel ragazzo fosse davvero intenzionato a sapere la sua vera età. Dave pensò a cosa rispondere, non ne era ben sicuro, ma sentiva che con quella donna, si doveva scherzare poco, o in tal caso, farla aspettare era una cattiva idea. “Beh, se lei non ha nulla in contrario, va bene se le do un’età, che dimostra? Insomma io non le avrei dato più di trent’anni!” “Guarda, vivo da così tanto tempo, che se anche me ne davi ottanta per me era comunque un complimento.” Precisò affabile Nabila. Poi gli voltò le spalle e tornò a osservare tutti gli oggetti che ancora non aveva visto, poi le venne in mente una cosa, si volse e gli puntò un dito contro, “E ti prego Dave, dammi del tu,” aprì la mano aspettando che il ragazzo gliela stringesse, “io sono Nabila.” Dave si avvicinò e intimidito ricambiò la stretta di mano. “Dave, ah ma questo lo sai già.” si ricordò. Mentre guardava la donna che si infiltrava tra gli scaffali pieni di libri, come se quel luogo non fosse un mistero per lei, si diede dello stupido, in quanto si era scordato il vero motivo per cui lei poteva esser lì. Si era lasciato abbindolare da sorrisini, e tutto quel ben di Dio, perché di quello si trattava. “Ma tu, che ci fai qui? Ti ha per caso invitata Balthazar, sai non mi ha accennato che …” “Ah sì, perdonami, che maleducata che sono.” Lo interruppe come se si aspettasse che prima o poi glielo avrebbe chiesto. “Vedi Dave, era mia intenzione infiltrarmi qui sotto, per spiare Balthazar, poterlo prendere contro piede, e uccidere chiunque mi avesse scoperto.” Dave si fermò di colpo e sgranò gli occhi, “Eh?!!” urlò con voce più stridula del solito. Nabila si voltò agile e con un sorriso sghembo azzardato disse “Stavo scherzando.” “Ahn, sai ci stavo cascando in pieno …” disse Dave non tanto convinto. “Già, l’avevo notato.” Disse lei, tenendo in mano un vaso di chissà quale civiltà. “Balthazar, non si meriterebbe questo trattamento,” continuò, “però non mentivo, quando dicevo che avrei ucciso chiunque m’avrebbe scoperto …” si volse nuovamente verso di lui e divertita fece “Ops!” trasformando il suo volto in una maschera di terribile e crudele ironia. Sì, stavolta era davvero fritto. Balthazar dove ti sei cacciato?! Stava disperatamente pensando il ragazzo. “Dave?” domandò Nabila. Forse stava esagerando, doveva ammettere che era divertente, però quello ci sarebbe rimasto secco davvero prima o poi. “Sì?” disse stridulo e con occhi lucidi. “Stavo scherzando, era solo … uno scherzo eh? Tranquillo, respira.” Disse per farlo calmare. Mio Dio, ne aveva di lavoro da fare Balthazar per renderlo il degno antenato di Merlino. Non riusciva a sentirsi in colpa per essersi burlata del ragazzo, sotto i baffi le si disegnò un sorriso divertito che la rese ancora più bella e solare. “Comunque vedo che Balthazar non c’è.” Disse lei, con una lieve nota di delusione. “Scusa il disturbo, prendo un libro o due, e levo il disturbo, che ne dici?” quella donna cambiava umore troppo in fretta. Dave già si dava per spacciato, doveva ancora riprendersi, e quella già voleva levar le tende. “Già,” disse tra sé. Se ne sarebbe andata, anche se quel ragazzo sembrava esser diventato una statua di cera. “Ci vediamo presto.” Salutò con la mano, e si diresse verso gli altri scaffali ancora ignoti. Osservava attentamente il resto dei volumi. Era giunta al centro della dimessa, ove c’era inscritto il cerchio di Merlino. Era malinconia quella che sentiva? Da bambina aveva appreso a tragiche spese che non era normale, e nessuno poteva aiutarla. Non sapeva minimamente come controllare i suoi poteri e il rischio era che i centurioni romani la portassero dentro al Colosseo, come fenomeno da baraccone, per poi lasciarla in pasto ai leoni. La sua salvezza l’aveva trovata solo dopo secoli bui, in cui era stata costretta a farsi un incantesimo di eterna giovinezza, fino al giorno in cui conobbe Merlino. Solo lui, poteva aiutarla, solo lui poteva capirla, perché lui era come lei. Capì all’istante cosa doveva fare della sua vita: fermare l’incantesimo e crescere in un epoca più adatta a lei, e apprendere le arti magiche sotto l’insegnamento del mago più importante e potente dell’esistenza umana. Conobbe ben presto Balthazar, un giovinetto di otto anni, tra l’altro nemmeno tanto speciale per una che aveva 4 anni di più. Non potè però mai imparare a fare quel cerchio, perché Merlino non la prese mai con sé. Troppo lavoro, troppi apprendisti, nemmeno lei capiva. E così si vide sparire ancora una volta, l’unica speranza a cui era aggrappata. Balthazar non aveva la minima idea di che cosa aveva passato, del perché avesse fatto la scelta di rendere le sue arti magiche più affinate con la magia oscura. Nimue fu la maga che la prese con sé, e che le insegnò tutto ciò che sapeva. Morgana era ancora una giovane donna dalle arti inesperte, quando Nimue concepì che sarebbe stata la maga più temibile che si fosse mai vista. Per questo aveva plagiato Nabila verso arti immorali, contro l’etica, per renderla sempre più forte, così che un giorno avrebbe potuto fronteggiare Morgana. Peccato che Balthazar non avesse capito nulla, e la rifiutò disprezzando ciò che era diventata. L’odio era atroce e l’accecava. Fece quello che non avrebbe mai dovuto fare. Non fece nulla. Semplicemente guardò come Morgana, la maga che avrebbe dovuto, da tempo ignoto sconfiggere, distruggere tutto ciò che incontrava. Vide Balthazar perdere tutto, e dentro di lei sperò che iniziasse a capire cosa veramente si provava, quando la vita ti voltava le spalle e ti rendeva l’esistenza un inferno. Anni dopo, perfino Dante scrisse il suo disprezzo per le persone che in vita non prendevano mai posizione, mai una strada. Gli ignavi non erano nemmeno degni di risiedere all’inferno. Era lì, che lei avrebbe dovuto stare, aveva voltato le spalle a tutti, e Nimue morì uccisa dai merliniani per aver utilizzato pericolose arti oscure per l’umanità. L’unica consolazione, era che non si era mai nemmeno alleata con i morganiani, e Nimue dopotutto aveva solo scelto per lei una vita che non avrebbe voluto vivere. Gli anni passavano ma non poteva dimenticare quei giorni sereni dove, ancora ignara di tutto, giocava con Balthazar con spade di legno. Lui era davvero forte, e si stava facendo un bel ragazzo. La metteva sempre KO ma ora era lei tra i due, la più forte. Ora dentro quel cerchio lei risultava un’estranea. E forse lo sarebbe per sempre stata.
    Si destò da quella valanga di emozioni e ricordi devastanti, per tornare in sé. “Ma guarda chi si rivede. A che devo la visita?” Nabila sospirò di sollievo. Era la voce di Balthazar. Non sapeva cosa le stava succedendo ma iniziava a sentire le lacrime pesarle sugli occhi. Si volse respingendole, “Balthazar, ti devo parlare.” Confessò.



    (Washington Square Park.)
    Stava seduta su una panchina del Washington Square Park. Sorrideva ripensando a ciò che lei e Balthazar si erano detti ieri sera, nella dimessa di Dave. “Ti ascolto, è successo qualcosa?” le aveva detto. Non ci poteva credere ma era anche leggermente preoccupato. Ancora una volta, come se fosse una scena ripresa più e più volte, con il cuore in mano, Nabila, aveva raccontato la sua vita, la sua storia, spiegando come già più volte aveva fatto, che non era malvagia come avevano fatto credere. Era una filosofia ben precisa che sembrava aver convinto Balthazar una volta per tutte. “Noi tendiamo a voler classificare i “cattivi” come quelli che voglio governare, o perfino distruggere, l’umanità.” Aveva iniziato. Sentiva sul suo volto, lo sguardo fisso del mago. Meno male, pensò, che la stanza aveva luce soffusa. Arrossire era ciò che di più, voleva evitare. “E spesso “cattivi”” continuò, “automaticamente lo diventano quelli che non stanno con i “buoni”. Io non dico di non aver colpa. Quando tu avevi tredici anni, non sapevi come evocare spiriti, non sapevi come utilizzare la malvagità delle persone a tuo vantaggio. Io quelle cose le ho vissute realmente, so utilizzarle se la situazione si fa critica, e non sono cresciuta pensando che tutto questo dovesse esser distrutto prima del compimento.” Si era fermata per trovare altre parole convincenti. O forse, nel profondo, sperava che fosse Balthazar a fermarla. Non da meno doveva ammetterlo l’atmosfera che si era creata, la stava suggestionando dir poco. Il silenzio, le luci, e Balthazar. E già, dici poco? Balthazar. Solo dopo si ricordò. Dave! Stava riprendendo il discorso quando il ragazzo passò davanti a loro con una mano sul volto, intenzionato a non sbirciare. “Tranquilli, non guardo. Continuate pure.” Nabila trattenne un sorriso, che voleva uscire a tutti i costi. Pensava di poter tornare a pensare a Balthazar, … no cioè voleva dire, a pensare alla sua storia certo, quando Dave ricomparve in direzione opposta. “Scusate, volevo andare in bagno, ho sbagliato strada.” A quel punto ridere divenne facile. “Dio, quel ragazzo. Quel ragazzo è il sommo merliniano.” Disse Balthazar trattenendo le risate. “E dovrà portare a compimento, ciò che io mi rifiutai di fare.” Continuò lei. Fu a quel punto che il mago le si avvicinò poggiandole la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi. Un gesto di riposo. Riposo che Nabila cercava da secoli ormai, un riposo che rispecchiava un perdono, o un’accettazione. “Perdonami Balthazar.” Seppe soltanto dire. Ed ora era lì, come una ragazzina innamorata a ridere ripensando alla scena. Prese fuori un libro dalla borsa, cercando di concentrarsi il più possibile. Sapeva distinguersi bene tra gli umani, tanto valeva far finta di leggere continuando a ridere come una scema. Beh, almeno avrebbe destato meno sospetti se mentre sorrideva teneva in mano un libro … a quel punto però una voce distolse la sua attenzione dalla parola “quadro” stampata sulla pagina, da lei letta più di una volta. “Mi scusi signorina è libero?” Nabila sovrappensiero, alzò lo sguardo, e solo per il suo grande autocontrollo, non restò sgomenta, vedendo davanti a sé, Maxim Horvath. Respirò calma, dopotutto non doveva temerlo, e rispose, “Assolutamente no.” Sorrise. Nel breve momento in cui Horvath si sedette, la sua mente iniziò a pensare. Calma. Pensa bene. Lui non ti conosce. Te ne sei andata dagli apprendisti di Merlino prima che lui arrivasse. Al momento era al sicuro. O forse no? L’aveva scambiata per un umana qualsiasi, al parco? Sol che non l’avesse riconosciuta, o peggio, che avesse letto di lei nei libri antichi dei maghi. Dal canto suo Horvath osservava di sottecchi la donna. Non era sicuro che fosse lei al cento per cento. Non si ricordava nemmeno il suo nome, ed era passato tanto tempo da quando l’aveva vista litigare freneticamente contro Balthazar anni orsono. Che scena epica! Si disse. Aveva dalla sua il fatto che lei non sapesse di esser stata vista. Probabilmente se era quella Naliba, … o Nabila, come fosse il suo nome, avrebbe potuto portarla dalla parte dei morganiani. Sapeva troppi sortilegi oscuri per lasciare quella mente così colta nelle mani del caso. Il vero problema è che Horvath, non sapeva assolutamente come iniziare conversazione. E poi che figura c’avrebbe fatto, un tipo grande e altisonante come lui, agli occhi di un estraneo? Si levò il pensiero dalla testa. “Bella giornata, non trova?” sparò la prima cosa che gli venne in mente. Nabila, si guardò attorno. Ma stava parlando proprio con lei? “Preferisco il sole, all’umidità autunnale.” Disse secca, cercando comunque di rimanere cordiale. Gran bell’inizio, genio! Pensò Horvath. Al diavolo! Tanto valeva arrivare al punto. “Vedo che legge un libro. Ha mai sentito parlare di Morgana?” Nabila, fece finta di finire una frase che non aveva nemmeno iniziato, poi rispose. “Morgana. Sapevo che era andata a letto con Re Artù. Bricconcella la ragazza, aveva messo al mondo un figlioccio che uccise infine il padre.” E chiuse con un allietante sorriso. Horvath rimase ammutolito. E anche un po’ schifato. Restò per qualche secondo a fissare a vuoto la figura della presunta maga, quando sporse la testa altrove, con la stessa espressione sul volto. Morgana era andata a letto con chi? Si sentiva come un liceale, quando comprende che pure i suoi genitori fanno sesso, e lo fanno anche bene. Non riusciva a pensare alla sua somma padrona in quella immagine, e l’incredulità si trasformò in collera. Quella donna gli stava facendo perdere tempo! “E non sa il gossip,” riprese la donna, “Morgana e Artù erano fratellastri!” caricò la frase di teatralità shakespeariana. Quella si stava prendendo gioco di lui! L’avrebbe messa alle strette, e non sarebbe stato piacevole. Se davvero voleva fare la furba doveva sapere con chi aveva a che fare. Con uno scatto, portò il bastone verso la mano sinistra e con la destra, si sporse verso la donna. Nabila non aveva calcolato per niente quell’opzione, e sgranando gli occhi, sentendo la mano stringersi sul suo collo bianco e fragile. Horvath le si avvicinò per bisbigliarle all’orecchio. Nessuno avrebbe dovuto sentirli. “Forse non mi sono presentato, Maxim Horvath. Ti dice niente questo nome, Nabila Yam Hàross?” cercò di mantenere la calma ma quella mano, stringeva sempre di più, e iniziava a mancarle il respiro. Solo allora Horvath mollò la presa, mantenendo un controllo vigile, pronto a utilizzare la sua magia su di lei. Nabila aveva gli occhi lucidi, e ansante cercava di recuperare tutta l’aria che le era mancata. “Come vedi, piccola principessa, con me non si scherza. Avrei potuto strozzarti, anche se in effetti, non sarebbe stato molto elegante da parte mia.” Nabila si sentiva bloccata, non dalla paura, ma dalla delusione. Non era riuscita a prevedere la mossa e si era lasciata trascinare dal potere assurdo di quel mago … “Non voglio avere niente a che fare con te!” seppe dire, dopo lunghi respiri. “Oh, oh. Si invece. Diciamo che tu sei molto più simile a me, che a Balthazar …” disse sospirando, come se avesse rivelato una triste verità. “E diciamo anche,” continuò il mago, “che non hai scelta, nessuno può rinnegare la propria natura.” Nabila, esplose “Io scelgo da sola la mia strada, e non farò parte dei morganiani, come non farò mai parte dei merliniani!” “Ti illustro la situazione. Quando dico che “non hai scelta”, intendo dire che sai meglio di me, quanto siano crudeli certe maledizioni …” non poteva crederlo. Quell’uomo la stava per caso minacciando? Poi continuò con un filo di sadica ironia, che solleticò il volto della maga, trasformando la sua espressione in una maschera di timore. “C’è né una in particolare, che ha attirato la mia attenzione. Si dice che distrugga dall’interno, il corpo della persona malcapitata, con atroci tormenti. Tormenti, che sopraggiungo solo, se si avvicina alla persona che ama. Ops …” Nabila ora poteva sentire la sua voce tremare. “Non oserai farlo!” e così dicendo puntò addosso il mago, il suo sguardo di ghiaccio. “O sì che oso. E non hai idea di quanto voglia farlo.” Nabila sentiva l’energia pulsarle sui palmi. Lo avrebbe frantumato, distrutto, polverizzato. Doveva solo aspettare. “Pensa Nabila, una maledizione che corrode, ogni volta che ti avvicini alla persona a te più cara. Una maledizione che non esiste se respingi Balthazar, … perché di lui si tratta, una maledizione, che pur non essendoci ti distruggerà di solitudine, non potendolo guardare, non potendolo assecondare, non potendolo toccare, …” Una lacrima le sgorgò lungo la guancia. Si alzò di soprassalto, e sentì subito come intorno a loro, il mago avesse innalzato una barriera di forza. Le bastò bloccare i proprio occhi su Horvath, per poterlo stritolare come fosse un pulcino indifeso. Sentiva i poteri del mago resisterle, ma lei era furibonda, e non sarebbero stati quelli a fermarla. “Non si tratta così un compagno di squadra.” Cercò di dire, in preda al dolore il mago. “Non ti azzardare, mai più ...” Disse ferma come se fosse sotto ipnosi. Tuttò d’un colpo, gli occhi dal bianco puro, mutarono in rosso scarlatto, lo stesso colore che presero le fiamme da lei, invocate. Horvath iniziava a sentire caldo, ma non voleva arrendersi. Prese il bastone e gettò un incantesimo contro la maga. Nabila non cercò di pararlo, né di schivarlo, lo prese in pieno, senza spostarsi di un centimetro. Era entrata in simbiosi con la magia, era diventata un’altra e non sarebbe tornata indietro, finché non avesse concluso, ciò che aveva iniziato. Dentro di lei, però, una voce le diceva che non poteva uccidere quell’uomo. Lottava invano per trovarne il motivo, ma non poteva, non doveva farlo. Chiuse gli occhi in segno di resa, e con un urlo, gli scaglio contro pura energia, quel poco che bastava per spingerlo via, lontano da lei. Nabila tornò in sé, con Horvath privo di sensi, poco distante. Gli occhi lucidi erano lo specchio della verità che aveva appena osato guardato. “Diciamo che tu sei molto più simile a me, che a Balthazar …” aveva detto. Per quello le forze le impedivano di ucciderlo. Se avesse perso il controllo, avrebbe ucciso con più facilità l’uomo che amava, piuttosto che Horvath. Si mise le mani sul volto, per nasconderlo dalla vergogno che lo assaliva. No, non avrebbe mai perso il controllo. Non aveva perso anni di addestramento, per arrivare a quello. Si volse prima che qualcuno potesse arrivare nel luogo del combattimento. Iniziò a correre, e più si allontanava e più si sentiva leggera, da tutto ciò che era accaduto. Si fermò, appena vide ai suoi piedi l’immenso lago del parco. Puro, e freddo, se ne stava lì, immobile, a fissarla, quasi a giudicarla. Non era la perdita di controllo, ciò che la spaventava. Sapeva che non l’avrebbe permesso. Era quella terribile maledizione, a spaventarla a morte. Aveva appena ritrovato Balthazar, non poteva permettersi di riperderlo, forse per sempre. Una fitta al ventre la riportò in sé. Si alzò la camicia, e vide un enorme livido viola, espandersi. Era sempre così. Ogni volta che entrava in contatto con la pura magia, non sentiva più dolore. E alla fine di ogni combattimento, ne riportava sempre i segni.


    Questo, mi è stato ispirato dalla serie dirty sexy money, e gossip girl. Ho voluto mischiare due dei film che penso siano alla rassegna del lusso, dello sfarzo e del vizio. Un modo carino, per aprire i miei confini, per cambiare scenario, insomma per spingermi un pò in là ...
    Buona lettura, fragolini ^^

    (Un long drink di troppo.)
    Dave stava sistemando il caos che aveva creato durante il suo addestramento. Sentì aprire la porta e poco dopo richiuderla. “Balthazar, dove sei stato? Ho dovuto risistemare tutto il casino da solo!” sbottò, convinto che fosse lui. Sentì un sospiro. “Vuoi una mano?” la voce delicata di Nabila, gli diede il benvenuto. “Scusa, io credevo che fosse tornato.” Disse incerto. Non aveva ancora superato la tremenda soggezione che quella donna gli provocava. Inoltre notò, che qualcosa in lei non andava. Aveva i capelli scompigliati. Gli occhi arrossati. Le tremavano le mani, come il diaframma, quasi avesse corso per kilometri. “Tu … tutto bene?” chiese, pur sapendo che in ogni caso gli avrebbe mentito. In fondo voleva solo esser gentile. La donna osservava il resto della confusione che regnava nella stanza. Infine per rispondere sollevò lo sguardo, come se tornasse da un eterno viaggio immersa nei suoi pensieri. “Ah si sì, infatti … E’ scoppiato un incendio.” Disse come se fosse la cosa più monotona del mondo. “UN INCENDIO!” Dave non lo chiese, lo sparò fuori come se gli avessero appena predetto l’apocalisse. “Sì,” confermò lei. Si stava passando la mano sui capelli come per ricordare. Non voleva dire la verità né mentire a quel ragazzo. Per cui trovò che la soluzione ideale fosse, raccontare una mezza verità. “Stavo leggendo un libro,” continuò senza enfasi “poi un poliziotto mi ha scorto fino all’uscita del parco.” Aprì il suo sorriso in una mezza luna tirata e stanca. “E’ stato molto gentile, solo che io sono tornata dentro poco dopo.” Dave non aggiunse nulla, voleva sentire il continuo della storia. “Sai c’erano dei bambini vicino al lago. I poliziotti non li avevano visti. Mi sono lasciata andare e ho fatto un po’ il supereroe della situazione.” Terminò, la storiella con un leggero e perdente esulto. Il ragazzo non sapeva se gioire o preoccuparsi, per cui entrò nella parte di entrambi. “Beh, è meraviglioso, no?” “Sì, assolutamente. C’è dell’alcool?” per un attimo pensò che volesse darsi fuoco. “C.. come scusa?” “Sì, Dave” riprese un po’ scocciata “Alcool. Rhum, vodka, gin, brandy, whisky, quel tipo di alcool.” Rise della sua mente contorta che già, l’aveva sparato anni luce verso uno scenario poco promettente. “Ah, oh sì. Ehm Balthazar, non me lo fa tenere qui. E se anche fosse;” precisò “io bevo, solo birra.” Allora Nabila rise. A Dave parve d’aver davanti un demone meraviglioso, che gli dava l’onore di sentire la sua voce quasi diabolica. “Balthazar, vuol tenerselo tutto per sé.” L’apprendista storse il naso, “Ma sei ubriaca?!” quell’idea lo allarmò. Fino a poco tempo fa, credeva che fosse lui quello fuori di testa. Non poteva aver fatto cambio con lei. Perché insomma, lei, è lei. Sempre sulle sue. Sempre perfetta. Sempre diplomatica, e fredda. Ebbene, in quel momento, non si poteva più dire “lei, è lei” ma “era, lei”. “Non ancora.” Rispose lei. Ne aveva intenzione, questo è certo, ma adesso aveva fatto abbastanza teatrino. Non sopportava lo sguardo sbalordito e semi-materno di Dave nei suoi riguardi. Era intenzionata a farlo sparire. Si alzò dalla sedia che aveva utilizzato come appoggio, dopotutto aveva dato una bella corsa poco prima. Si sistemò i capelli. “Allora Dave,” e congiunse le mani con un forte schiocco, che fece saltare il ragazzo. “Ti do una mano a sistemare questa rivoluzione!” era tornata raggiante, pensò Dave. Era davvero lunatica! E lui davvero stupido. Quante volte si era trovato in situazione come quella, e si era chiesto che le stava prendendo a quella donna? Troppe! Eppure era duro, e non faceva che preoccuparsi per lei e per se stesso, quando era chiaro che quelli erano solo sbalzi d’umore. Stranamente si trovò a pensare se, nonostante l’incantesimo di giovinezza, la menopausa l’avesse colta in flagrante. Scosse la testa, per evitare di fare altri pensieri assurdi. Si chinò vicino a Nabila per aiutarla a raccogliere tutte le cianfrusaglie. Si volse di poco, ma poté sentire un gemito, provenire dalla maga. Dave si voltò in tempo per vederla, mentre si piegava in due, a carponi. “Nabila, tutto ok? Lo porto io, questo se pesa troppo.” Non aveva ancora finito la frase che si era accorto, del perché Nabila stringesse gli occhi dal dolore. Alzò la maglietta lentamente, per ricevere il suo consenso nel portare a termine quel gesto. “Ommioddio! Che ti hanno fatto?!” il livido che le colorava tutto lo stomaco, era violaceo, insano e fresco. “Non chi me lo ha fatto, Dave. Me lo sono fatta,” spostò lo sguardo verso il pavimento. Rischiava di farsi scoprire mentre mentiva. “, mentre tornavo nel parco. Sono scivolata su uno scoglio del lago.” Concluse. Si rialzò a fatica, ma si rialzò. “Ehi, tranquilla finisco io qui.” disse Dave, che non voleva assolutamente farla sforzare. “E’ un livido, Dave. Sto bene. Solo che è un posto un po’, antipatico. Ecco.” Alla fine decise di uscire da quella dimessa per risentire nei polmoni pura aria fresca notturna. “Io, io vado mi sa,” “Dove? Dove vai?” chiese il ragazzo. Si era ripresa ma non voleva lasciare spazio alla sicurezza. “A bere quello che Balthazar non ti fa tenere qui.” E così dicendo si congedò con un occhiolino ammiccante nella direzione del giovane mago.

    Grattava. Grattava e azzannava la sua gola. “Me ne fai un altro?” disse al barista. “Agli ordini, Lady.” Lei sorrise, ma al voltarsi dell’uomo, … “coglione.” Il bicchiere le arrivò sotto il naso. Gin. Gin puro, che le solleticava il naso. Non era totalmente brilla, ma stava raggiungendo un buon risultato. Una band di seconda mano, suonava un pezzo niente male. Iniziò a cantare il ritornello. “Girl you’ll be a woman! You’ll beee …” anche se tentava di apparir stonata, e cercasse di rovinarsi le corde vocali a suon di urli, la sua voce aveva sempre una nota ben azzeccata in mezzo a tutto quel frastuono. Si voltò verso il bancone prese il bicchiere, e in un sorso lo ingoiò. “Senza pensieri amico! Come fosse un veleno. Ancora.” Richiese, ma mentre si voltava nuovamente verso la band, saltò sulla sedia, per chi si ritrovò a fianco. Nah, pensò, non può esser lui. L’alcool stava facendo il suo buon dovere. Allora si buttò, e parlò allo sconosciuto. “Sai, tu, …” era più difficile del previsto trovare le parole in mezzo a quello, che non sapeva più se fosse il suo cervello, o un semplice organo inutilizzato. “Tu, mi ricordi tanto una persona che conosco.” “Nabila.” Disse questo calmo, con lo sguardo nascosto sotto un capello alla ‘Vanhelsing’. Lei si avvicinò tanto da potergli sfiorare il naso, con il suo. Strizzò gli occhi. “Balthazar! Ma allora sei tu!” “Già.” Disse togliendosi il copricapo. “E io non vorrei che fossi tu. Qui. conciata così.” Adesso doveva fare il grandone. Doveva attenersi alle regole. Al diavolo! Trovò la forza di ridere. Poi si fermò di botto e rispose malamente “Ma sta zitto. Che ti si legge sempre in faccia quanto tu desideri che sia sempre io!”. Le arrivò il bicchiere di Gin. Fece per prenderlo, “Ah no, questo resta qui, su andiamo a casa.” Disse il mago. Provò ad alzarla ma le si piegò totalmente addosso, facendolo risedere. “E’ uno spreco lasciarlo lì!” “Ok.” Fece Balthazar. Troviamo la soluzione al problema e andiamocene, aveva pensato. Prese il bicchiere e lo bevve in un sorso. Nabila iniziò a ridere come una scema, “Wooow, rompi ogni restrizione stasera.” “Ma piantala! E poi che roba bevi? Sarà ben meglio un po’ di sano Brandy!” Domanda retorica. Occasione lanciata. Occasione ottenuta. “Un brandy quaggiù.” “No, macchè,” iniziò Balthazar evitando ulteriori imprecazioni. Arrivò il bicchiere. Lo prese Nabila, “Sentiamo com’è …” ma Balthazar fu più veloce, e lo bevve all’istante. “Noo, e siamo a quota due!” A Balthazar iniziò a girare la testa. Non era abituato a bere alcool. Un bicchierino di Brandy, negli anni d’oro della cinquecento italiana, ogni tanto lo prendeva. Ma per digerire! “Senti Nabila, non credo che sia una buona idea,” “No, non lo è.” Disse mettendogli le braccia al collo. “Per questo dobbiamo darci dentro!” Balthazar, si ritrovò a sperare che lo baciasse. Si insomma, almeno così non avrebbe bevuto nient’altro. Invece non fu così. Nabila si alzò e andò sopra al bancone. Cacciò qualche urlo e poi chiese al barista due Blue Angel. Balthazar, si ripromise di non bere nient’altro. Prima che arrivassero i drink, Balthazar si ricordò del vero motivo per cui si trovava lì. Senza pensarci si avvicinò alla donna. Fece per alzarle la maglia, ma lei lo fermò prima che potesse vedere ciò che cercava. “Eh, eh.” Cantilenò Nabila, con le sue mani pesanti su quelle di lui. “Zar, questo non te lo puoi permettere con soli due drink.” Rise. “Però posso farti una classifica.” Riprese “fai tre drink, e me la tolgo.” Balthazar scosse la testa. No, non così. La situazione gli stava sfuggendo di mano. “Se arrivi a cinque.” Rise maliziosa, poi si fermò e fece la faccina da bimba innocente “Solo un bacino. Ma potrai scegliere tu dove.” La musica che risuonava nel pub era cambiata, Balthazar la riconobbe a stento, ma decide che doveva essere ‘you, and your friend’ dei Dire Straits. Ma, che diavolo centrava la canzone in quel momento cruciale? Nabila si alzò e si sedette sulle gambe di Balthazar, le braccia ancora intorno al collo di lui. Questo, no, questo, diventava troppo, anche per lui. Non poteva stringere quel che rimaneva della situazione se lei continuava a tentarlo così. Nabila bevve il Blue Angel. “E se arrivi, a dieci …” lei si avvicinò ancora di più. Se era in ballo, doveva ballare. Balthazar le si avvicinò, e sperò che nessuno a parte lui, potesse utilizzare quell’espressione. Anche se ne era consapevolissimo, era ciò che avrebbe fatto. Le mise la lingua in bocca. Poco elegante, poco romantico, ma non pensava che Nabila ci avrebbe fatto caso. Non da meno lei ricambiò con altrettanto furore. Era una sensazione fantastica, non poteva dire il contrario. E probabilmente lo stava facendo per soddisfare un proprio desiderio, una propria voglia repressa da anni. Ma ora lei era lì, e l’aveva sulle gambe. Alzò lentamente la maglietta della Maga. Lentamente, quasi fosse un suo strato di pelle. Pelle che conosceva, ed era candida bianca, e nascondeva un’anima selvaggia, di una donna meravigliosa. Lo sguardo gli si abbassò appena, e vide quello che Dave aveva descritto come un doloroso livido violaceo. A malincuore Balthazar distrusse la magia. “Cos’è quello?” non lo disse con tono di rimprovero, ma preoccupato. La maga però percepì di più il primo. Bevve anche il Blue Angel del mago. Si alzò senza dire una parola. Lasciò la mancia. E andò verso l’uscita del pub. Balthazar non potè che seguirla, ma prima prese i soldi di Nabila, che le avrebbe restituito, e ne mise dei suoi sul bancone. “Aspetta Nabila!” urlo nella mischia. Lei era già uscita. La vide infine in mezzo alla strada ad aspettarlo. Si teneva le braccia, come se avesse freddo. Balthazar pensò che non poteva affrontare una discussione. Non in quel momento. Non in mezzo alla strada. Non in quella notte. Rimandava soltanto, questo era certo. Avrebbe saputo la verità, ma non era quello il momento. “Fa lo stesso.” Disse lui. La maga si voltò a guardarlo. “Non serve che tu me lo dica. Non importa.” Fu allora che lei, come se fosse sicura su un campo di battaglia, gli si avvicinò. Ormai non si sentiva più le gambe e si appese nuovamente al collo dell’uomo, che vacillò altrettanto. Era ubriachissima constatò Balthazar, ma bellissima. E le sorrise. “Sarai sempre il mio Zar lo sai vero?” lui rise e sentì le sue mani scostargli una ciocca di capelli dal viso. “Zar! Da quanto tempo non mi chiamavi così?” “Da quando facemmo quel viaggio in Russia per trovare una pergamena del cavolo.” “Ma lo Zar è l’imperatore di Russia!” forse la maga stava iniziando a parlare a vanvera. “Sì, ma tu per me eri sempre meglio. Baltha-Zar … mi farei corrodere da qualunque maledizione, ma vivrei quel poco che mi resta con te. Senza dubbio.” Maledizione? Ora era convinto più che mai che parlasse a vanvera, ma doveva saperne di più. Lei lo baciò. Stavolta fu più delicato, così come la situazione richiedeva. Così come lui sentiva di fare. “Ti amo,” disse e sorrise imbarazzata. Incredibile era imbarazzata sì, ma per le due parole più profonde che esistessero, piuttosto che il ricordo della serata appena trascorsa. “Andiamo a casa.” Disse infine Balthazar. Se davvero avesse voluto ricambiare quello parole, non intendeva farlo in quelle condizioni.

    Mentre tornavano sulla via del ritorno Balthazar iniziò a pensare che forse Nabila non stava poi parlando così tanto a vanvera.


    (Ambiguo risveglio.)
    Sentiva un rimbombo. Alzava e muoveva lentamente la testa. Dio, quanto era pesante. Le doleva da morire. Seppe che provò a parlare. Ma seppe anche che riuscì solo a mugugnare. Aveva ancora gli occhi chiusi e non intendeva aprirli. Non era il cuscino quello sul quale aveva appoggiato la testa. Si alzava e si abbassava lentamente. Un respiro, grosso e profondo. Battito di un cuore. Si era addormentata sopra qualcuno, questo senza dubbio. Pian piano, ma poco per volta, molto lentamente, le stava tornando tutto alla mente. Si era ubriacata. Ecco il perché del mal di testa e della nausea. Sperava solo di non aver fatto la cretina con uno sconosciuto. Balthazar, non avrebbe mai dovuto saperlo … No, un momento. Balthazar! Lui era con lei. Quello se lo ricordava benissimo. Ma, se così era, lei ci stava dormendo sopra! Come colpita da un fulmine si alzò violentemente, sbattendo la testa su qualcosa di incredibilmente duro. “Aaah, cazzo!” Imprecò. Poi pian piano aprì gli occhi. La luce mattutina di chissà quale ora del giorno, le diede il benvenuto. “Mmmmh” mugugnò Balthazar sotto di lei. Sembrava più vispo. Già, lui non aveva bevuto niente in confronto alla maga. “Ti sei svegliata” disse con la bocca impastata di sonno. Nabila cercò di rispondergli ma si sentiva la bocca gonfissima, e pesante. “Ahia.” Si lamentò, nascondendo la testa sotto il braccio del mago. “Che c’è?” chiese lui, aprendo a sua volta gli occhi. “Ho le labbra gonfie, e non ricordo se sono stata io, o qualcun’ altro …” lasciò in sospeso, e si sommerse ancora di più per nascondersi dalla vergogna. “Eh, non credo che sia andata così.” Disse semplicemente Balthazar. Nabila si portò di nuovo verso di lui, e si appoggiò nuovamente sul suo petto, distrutta. “In che senso scusa?” “Eh, come dire … penso di esser stato io,” la donna collegò quelle parole solo dopo pochi minuti. Alzò un sopracciglio. Più che schifata, era sorpresa, con gran sollievo del mago. “Tu, hai …” non finì nemmeno che rise stancamente, per l’incredulità. Riportò la sua testolina buffa, e scompigliata sopra il petto di Balthazar, e riaprì gli occhi. Vide qualcosa che catturò la sua attenzione. “Perché hai la lampo aperta?” sembrava in trance, e forse nemmeno si accorgeva, della gravità che avrebbe riportato un’ovvia risposta. Il mago alzò la testa dal cuscino, guardò oltre l’equatore e rispose “Sì è vero. Ieri notte non tenevi le mani apposto.” Era altrettanto calmo. “Non è vero!” sparò a raffica la donna. Non poteva crederlo. “Ossì che è vero!” rise divertito Balthazar. “Non c’è niente da ridere! E poi tu, santarellino, che facevi? Ci stavi? Mi hai mangiata viva!” Ora era seduta sul letto di fortuna che probabilmente Balthazar, più lucido di lei, aveva preparato prima di dormire. “Non è successo niente. E mi sono trattenuto, credimi.” Non sembrava convinta, ma lasciò correre. Infondo, era contenta che fosse stato lui a tenerla a bada. “… ringrazia che non avevi la gonna …” disse fra sé Balthazar, mentre si tirava su. “Come scusa?” “Niente.” Entrambi, da una parte all’altra del letto, cercavano seriamente la forza fisica, ma soprattutto psicologica per alzarsi, e ricominciare la vita, nascondendo ciò che era accaduto la notte prima. Entrambi senza mettersi d’accordo, caddero di schiena sui doppi asciugamani e coperte. Un groviglio irriconoscibile. “Non c’è la faccio più,” disse uno “Penso che faccia tutto parte dell’esperienza,” protestò l’altro. “Non mi ricordavo fosse così faticoso, i giovani come fanno a farlo così spesso?” “Non ne ho idea, però ammetti che è stato …” “O MIO DIO! NON AVETE UN MINIMO DI DECENZA!” Entrambi si voltarono. “Ciao Dave” “Ciao?? Ma, ma … copritevi almeno!” E si mise le mani sul viso, con fare disperato. “Ma cavolo, Dave siamo vestiti …” sbottò Balthazar che trovava la scena assolutamente normale. Sì, normale solo perché lui sapeva benissimo com’era andata. Non si rendeva conto di quanto in realtà, quella scena fosse ambigua. “L’avete fatto vestiti!” “Sembra disgustato …” notò Nabila “Sì, lo è.” Confermò Balthazar. Poi aggiunse rivolto a Dave. “Senti ragazzo, non è successo niente. Si è ubriacata …” “ci siamo ubriacati.” Precisò la donna. “Ok sì, ma ammetti che io campanavo ancora qualcosa … Ad ogni modo, Dave,” Richiamò la sua attenzione. “Non farti viaggioni.” Il ragazzo si ripassò le mani sul viso come se così facendo, quella visione non avrebbe più avuto luogo. “Ok, ok.” Disse rassegnato. “Ma, vedete di … no ragazzi scusate, non riesco a credervi.” E mentre parlava, lo videro sparire dietro l’angolo ridendo. Ridendo nervoso, senza dubbio. “Noi siamo la rovina di quel ragazzo.” Fece lui. “No tu lo sei.” Precisò poco delicata Nabila. “Ma Diiio, ma come siamo messi!” disse Balthazar, notando le loro condizioni post-sbornia. “Non posso credere d’averlo fatto. Un merliniano come me! Ho usurpato, rovinato, l’antico nome dei maghi!” Nabila alzò un sopracciglio, si alzò e guardò malissimo l’uomo. “Perdonami, se esserti divertito con me, ti fa parlare in questo modo!” e così dicendo si ributtò sul “letto”. Faceva la finta offesa, perché sapeva che Balthazar prendeva molto seriamente il suo primato, e la sua missione, ma avrebbe smesso presto di fare il tragico. “Non sto dicendo questo. Non hai idea di quanto sia stato, elettrizzante l’altra sera, ma ora devo rimettermi al lavoro.” Si spiegò, determinato a far capire alla ragazza, quanto per lui fosse stata significativa quella serata trascorsa insieme … seppur ridotti all’estremo. Nabila fu soddisfatta. “Abbiamo devastato l’onore dei maghi.” Continuò a struggersi fra sé Balthazar. “Ti sbagli.” Proclamò lei “Tu l’hai fatto. Io non sono una Merliniana. Coscienza pulita, e voglie soddisfatte.” Sorrise maliziosa a Balthazar, che la ricambiò con un altrettanto allettante, e affascinante sorriso. Ritornarono ad appoggiarsi, le teste una vicino all’altra. Sospiri. Pensieri. Sguardi. “Facciamo una doccia?” buttò Nabila, che si sentiva sudicia fino all’osso. Il mago la fissò, e si cibò totalmente di quella visione. Stavolta, fu lui il malizioso “Insieme?” Lei fece una smorfia sbalordita, mentre Balthazar continuava a ridere. “La volete piantare?!?!” era Dave in diretta dall’altra stanza.

    Come si dice, quando i doppi sensi sono all’ordine del giorno.



    (Offese. Verità.)
    Si stava infilando le calze di seta. Aveva appena finito di farsi la doccia, e i suoi capelli erano ancora leggermente bagnati. Si infilò un abitino bianco, e pensò a truccarsi. Quando ebbe finito uscì in velocità verso la dimessa. Si vide davanti Balthazar che vorticava su una sedia, e altre due gli giravano in tondo. “Non perdere la concentrazione Dave. Ricorda, per prima cosa, essa serve sempre a un mago, quando si trova in difficoltà. E poi, non vorrai farmi cadere dalla sedia, presumo.” L’uomo si voltò. “Ehi dove vai?” chiese mentre galleggiava in aria. A Dave bastò un solo istante per distrarsi, e non appena la vide, (tra l’altro con un vestitino a dir poco ammiccante,)Bathazar rimbalzò sulla sedia che aveva toccato terra. Nabila arraffò velocemente tutta la sua roba. “Torno in albergo. Non voglio disturbare il vostro lavoro più di quanto non abbia già fatto.” Sorrise bonaria. Dave sorpassò di poco Balthazar e si fece avanti “Perché non resti? Non ci dai fastidio” e nel dirlo guardò il maestro per aver conferma. Balthazar annuì senza cambiar espressione sul volto. “Ho parecchio lavoro da fare anch’io” si spiegò. “Vi auguro una buona giornata.” E con un sorriso splendete andò verso la porta. Se la richiuse dietro. Dave a quel punto osservò Balthazar. “Forse è meglio che tu vai a parlarle. Non penso che ieri sera abbiate fatto tanto. Oh almeno, nel senso di ‘parlare’” Balthazar lo squadrò malissimo. “Andrò da lei e le parlerò. Ha accennato a una maledizione, ieri notte. Devo scoprire di che si tratta.” Si alzò. “Vedi di continuare gli esercizi.” Disse, mentre si infilava il suo giaccone. Poco dopo era già in strada, verso il Paradise Hotel.

    Nabila, sistemò ciò che aveva portato via dalla dimessa, nei suoi cassetti, quando sentì bussare. Andò verso la porta, “Arrivo” disse, per avvisare. Quando aprì, Balthazar entrò in camera. “Con permesso …” disse sottovoce la donna per sottolineare il poco tatto usato dal mago. Si guardò in torno “Hai bei gusti.” “Già” confermò lei. Poi lo guardò interrogativa. “Volevo farti delle domande.” Disse lui in risposta allo sguardo accigliato di Nabila. “Mi hai detto delle cose ieri. Non mi hanno rassicurato.” La maga lo fulminò “Vai al punto.” Era chiaro, pensò Balthazar, che sapesse di cosa stesse parlando. Com’era anche chiaro che non si era totalmente ubriacata da essersene dimenticata la sera stessa in cui aveva accennato alla maledizione. “Voglio sapere come ti sei fatta quel livido.” Nabila aveva preso un respiro profondo, per raccontare tutta la storia. “La Verità. Voglio la verità.” Era estremamente serio. Severo. Nabila non aveva motivo di mentire e raccontò tutto, guardandolo negli occhi. Solo dopo aver finito, abbassò lo sguardo e accennò alla maledizione. “Te l’ha lanciata?!” esclamò allarmato il mago. “No, no certo che no! Era una minaccia. E non credo che volesse lanciarmela veramente.” “Lo pensi tu!” le urlò in faccia Balthazar. Non era irato con lei. Horvath ancora una volta, aveva usato tutte le pedine per metterlo al muro. Lo odiava con tutto sé stesso. E non sopportava che Nabila le avesse tenuto nascosto tutta quella storia. Era in pericolo e non se ne rendeva conto. Questo lo faceva imbestialire. “Non prendere questa storia sottogamba, Nabila! Merlino ci ha insegnato chiaramente che il potere oscuro dona grande sicurezza. Ma troppa sicurezza non fa che accecare dall’orgoglio, dimenticandosi che il pericolo è dietro l’angolo. E Dio solo sa, quanto tu, sia orgogliosa.” Nabila sgranò gli occhi. “Non osare parlarmi come se fossi una bambina! So perfettamente che pericolo sto correndo, e per la cronaca lo sto correndo per te! Mi credi davvero così stupida?!” si erano entrambi alzati. Entrambi febbricitanti di rabbia l’un per l’altra. “Dovrai fare qualcosa prima che lo faccia lui.” Poi Balthazar si calmò. Respirò e la guardò negli occhi. “Insieme possiamo sconfiggerlo! Nabila, scegli me e cercherò di proteggerti da qualunque maledizione Horvath voglia lanciarti.” Strinse le sue mani sulle braccia della maga. “Allora tu proprio non capisci.” Nabila socchiuse gli occhi. “Io non voglio più soffrire. Non come un tempo. E non intendo correre nessun rischio.” Si distaccò dalla stretta di Balthazar. Lui la guardò allibito. Poi rise, pieno di sarcasmo “E io che pensavo tu fossi cambiata. Ma resti sempre la solita egoista, che con il suo comportamento, ha scritto la fine dell’umanità.” Nabila sentila il sangue ribollirle nelle vene. “Non parlare di assoluti! Non parlarmi di Merlino! Come puoi lodarlo, sapendo che ha lasciato una bambina di 14 anni nelle mani di una strega pazzoide?!” “Non avrebbe potuto, anche se avesse voluto!” le sbraitò contro l’uomo. Nabila iniziava a sentire la voce fremerle per l’ira che ormai si era impossessata di lei. “Non darmi dell’egoista, quando sei tu il primo a esserlo! Non puoi permetterti di fare il santo predicatore, quando stai con me e pensi a Veronica! Mi fai schifo! Lei è morta! E’ morta nel momento stesso in cui TU l’hai rinchiusa dentro quella microscopica tomba!” Sentiva quelle parole bruciarle nella gola. Doveva sputargliele addosso, prima che le avvelenassero e le corrodessero l’animo. “Non osare parlare di lei!” Balthazar urlò come mai, lo aveva sentito fare. Nabila ne fu spaventata,e gli si ritrasse. “Io voglio solo che tu volti pagina. Come posso farlo io, se non sei tu il primo a farlo?” disse lei. Nella sua voce, marcava forte una nota di delusione. Balthazar era ormai irremovibile. Adirato, deluso, offeso. Era stato schiaffeggiato in pieno volto da quell’offesa che celava la verità. Morgana aveva corroso la vita di Veronica, anche se per tutti quegli anni, non aveva fatto altro che rimandarne il pensiero. Voleva credere in un'altra fine. E ora quella donna, gli rivelava tutto il male che lui stesso avrebbe voluto dimenticare per sempre. Fu duro, senza rimpianti. “Tra noi, non sono io a dover fare delle scelte.” Sapeva perfettamente dove parare. Conosceva l’animo di Nabila. L’aveva toccata nell’orgoglio. L’avrebbe fatta impazzire, perché quell’orgoglio gli si sarebbe rivoltato nello stomaco. E l’artefice di tutto, sarebbe stato chi non avrebbe mai dovuto farle torto. Balthazar. Nabila lo guardò estere fatta. Quello non poteva esser l’uomo che poco prima le aveva sorriso. Le salirono le lacrime agli occhi. L’impotenza che la spingeva a vendicarsi, l’impotenza che la spingeva a piegarsi, era la stessa. “Prendine una adesso! Per la prima volta. Una volte per tutte. Nella tua vita.” Concluse Balthazar gelido come il ghiaccio. Nabila avrebbe voluto abbracciarlo. Avrebbe voluto sbranarlo. Avrebbe voluto pregarlo di lasciar perdere tutto. Avrebbe voluto dirgli addio per sempre. Lei voleva solo vivere una vita. Loro due, e basta. Ma non voleva darla vinta all’uomo che le aveva urlato in faccia con così tanto odio. Con così tanta maestria, da farla sentire inadatta. Nabila si ritrasse controvoglia, lontano da Balthazar, sentendosi tremendamente lontano da lui. Tra loro si era scavata una fossa che non sarebbe mai stata risanata. E questa consapevolezza la uccideva, le martellava nel petto. Si allontanò. Mise la mano sulla maniglia della porta. “Cosa fai?” chiese il mago, ancora sgarbato. Lei si voltò, ma prima, nascose il suo viso ferito e deluso. Guardò Balthazar con gioia crudele. Lo guardò con derisione. “Faccio la mia scelta.” E si richiuse dietro la porta con un sonoro frastuono.

    Scese le scale, velocemente. Voleva che prendesse una scelta? L’avrebbe lasciato senza parole.

    Balthazar si lasciò cadere sul letto, con la testa fra le mani. Per la prima volta, dopo anni, sentì il viso bagnarsi. Una distanza fisica. E silenzio.


    (Chiarimenti.)
    Erano giorni che si allenavano senza sosta. E senza una parola. Il minimo necessario, ma da quando Balthazar era tornato, dopo aver seguito Nabila, era cambiato. Taciturno, scontroso, silenzioso. Dave dalla sua non faceva che allenarsi fino allo sfinimento, ma non concepiva un motivo valido per quello strano comportamento. Non sapeva cosa fosse successo e quando Dave aveva cercato di chiederglielo, Balthazar lo aveva liquidato senza tanti complimenti. Si stava stancando di tutti quei sotterfugi. Era stufo di sudare, di rompersi in due, per allenamenti che non fruttavano nulla. E non ne poteva più di esser all’oscuro di tutto.

    Una sera dopo un altro estenuante allenamento di Balthazar, Dave cercò di tornare all’attacco. “E’ un po’ che Nabila non si fa vedere in giro.” L’uomo annuì continuando a leggere l’Encantus di Dave. “Cosa è successo?” voleva delle spiegazioni, e stavolta era intenzionato ad averle. “Niente che ti possa interessare.” Fu la secca risposta. Dave non avrà avuto la sua età, non sarà stato il più potente dei maghi, e non aveva vissuto così tante epoche come Balthazar, ma riteneva che quel comportamento fosse fin troppo maleducato. Soprattutto da parte del suo maestro. “Dovresti dare il buon esempio. Fermami se sbaglio.” Iniziò Dave, calmissimo, ma davvero molto irritato. “Penso che tu, mi debba qualche spiegazione. Sono il tuo apprendista, lavoriamo insieme, e sarò io a quanto pare il sommo merlini ano che ucciderà Morgana!” Finalmente iniziava a sprigionare un po’ di fiducia in sé stesso. “Voglio sapere che cosa è accaduto la settimana scorsa, e se dobbiamo prepararci a un probabile attacco.” Sospirò “Che sia Horvath, o Nabila.” Non poteva esser altro che quella, la paura che aveva contagiato Balthazar nel corso dei giorni. La donna non si era fatta vedere per una settimana intera. Inizialmente credeva che Balthazar ne sentisse la mancanza. Però ricordava vagamente il discorso che aveva udito la prima volta che li aveva visti nel Palace Hotel. Lei si era venduta al male. Così aveva detto il mago. Lei non negava. Però non la vedeva come un pericolo. Almeno fino a ora. Balthazar lo guardò. Dave si sentì il cuore stringere in una morsa. Quello sguardo era triste, devastato dalla delusione e dalla inconsapevolezza. Il ragazzo si sedette di fianco al mago. “Ti dirò tutto quello che vuoi sapere.” Disse lui. Dave pensò che era stato troppo semplice, convincere Balthazar a parlare. Ma una settimana dove nessuno si era detto nulla, forse aveva dato modo al mago di capire quanto fosse difficile, tenere certi pensieri solo per sé. Serviva la fiducia tra loro. Balthazar doveva rendersene conto. Dave lo avrebbe liberato per sempre dalla lunga missione che per anni aveva pesato sulle spalle di Balthazar. Come minimo il mago doveva mostrarsi leale nei suoi confronti. Il ragazzo chiese cos’era successo quel giorno con Nabila, e il mago non si ritrasse. Raccontò tutto. Raccontò come senza ripensamenti, aveva aggredito e urlato con la maga. Spiegò come lei aveva reagito, e come lei stessa gli aveva urlato contro tutta la sua ira, e la triste verità. Dave non capiva. Comprendeva tutto il litigio, perché sapeva del passato di Nabila. Ma questa Veronica non l’aveva mai sentita nominare. Fu allora che Balthazar aprì l’Encantus, verso le prime pagine. Parlò di lui e di Veronica, del loro amore passato, e di un amore che sarebbe diventato il loro futuro. Un amore che aveva segregato in un angolo Nabila, e l’aveva cambiata per sempre, rendendola pericolosa, vendicativa e soprattutto fragile. Un amore che aveva reso il migliore amico di Balthazar, Horvath, un temibile nemico. Dave rimase assorto ad ascoltare una storia che sapeva di romanzo medioevale. Una storia che non gli apparteneva, ma che sentiva di dover ascoltare. Ora si spiegava tutto. E gli sorse una domanda che buttò fuori con un bisbiglio, quasi volesse sembrare più delicato in una circostanza simile. “E quindi quando apriremo la Grimhold, lei non ci sarà più?” si riferiva a Veronica. “E’ davvero poco probabile. Ed è ciò che Nabila ha voluto farmi capire. E io in risposta, non ho fatto altro che cacciarla nelle mani di un destino che nemmeno lei sa controllare.” Disse sconsolato. La domanda che ora premeva a Dave, era un’altra. “Cosa pensi che le sia successo?” “Non lo so. E non voglio immaginarlo. E’ come se avessi la certezza che non tornerà mai più.” Si fermò per trovare le parole. “Voleva una vita lontana da quella Grimhold, che le ricordava tanto, due donne che le avevano rovinato la vita. Morgana, la sua nemesi che avrebbe da sempre dovuto sconfiggere. Veronica, la donna che le aveva sottratto la vita che voleva. Potermi star vicino, e poter ammirare Merlino dal punto di vista di un’ apprendista.” Concluse. “Non la rivedremo più.” Disse fra sé, il ragazzo, che ancora non lo credeva possibile. “Non ho detto questo. Spero solo sappia quel che fa, e che Horvath non osi avvicinarla.” Sorrise stanco. “Ora voglio solo, renderti il mago che ho promesso di farti diventare.” Dave si sentì in dovere di dire ciò che pensava. “Lei ti ama. Glielo si legge negli occhi. E’ per te, è grazie a te, se lei nonostante tutto, non ha mai messo i bastoni tra le ruote ai noi merliniani.” Lo sentiva veramente. Ne era convinto. Era risoluto a voler portare a termine il suo destino ora più che mai. Lui era un merliniano. Balthazar si alzò e si portò verso il bancone, verso la fine dell’immensa sala. “E poi,” iniziò Dave. “Abbiamo del lavoro da fare.” Si sentiva un paladino della giustizia. Non era il ruolo che intendeva ricoprire, ma doveva dirlo. “E poi quando tutto sarà finito, ti aiuterò a cercare Nabila.” Balthazar si volse, e gli sorrise. Il mago prese dal bancone una confezione di bottiglie. “Mi pare che tu stia migliorando.” Le lanciò al ragazzo. “Birra?” chiese lui. “Dobbiamo festeggiare. Presto sarai pronto.” Era chiaro che doveva lasciarsi tutto alla spalle e combattere. Come aveva detto, presto la resa dei conti con Horvath avrebbe avuto luogo. Ma ora potevano concedersi un po’ di pausa. Dopo aver bevuto un sorso dalla sua bottiglia Dave disse, “Ad ogni modo ammetti, che non sei tanto preoccupato per Nabila. Se la sa cavare. E’ solo che ti sei comportato come un cazzone nei suoi riguardi.” Balthazar lo squadrò. Aprì la sua bottiglia, e non parlò finché non l’ebbe finita. “Ti do ragione.” Disse “Ma anche tu, capirai che avere a che fare con lei non è facile.” Dave si ricordò di tutte le volte che aveva passato del tempo da solo con Nabila. “No non lo è.” Balthazar aprì una seconda bottiglia. “No, ragazzo. Fai sparire immediatamente quella faccia da beota.” Dave aprì le braccia in segno di innocenza. Era troppo restrittivo, e possessivo. “E comunque.” Precisò il ragazzo. “Se vuoi la mia opinione lei è davvero troppo per te.” Così dicendo aprì anche lui una seconda bottiglia. Balthazar lo guardò prima di mettersi a ridere. “Che ci trova, in un vecchio scorbutico, che indossa scarpe fuori moda. L’ho sempre detto che Nabila non la capirò mai.” Il ragazzo credeva che Balthazar si sarebbe ribellato alle simpatiche offese, eppure non disse nulla. Dave si portò verso la sua bottiglia di birra. Era davvero allettante. Dopo una giornata passata a combattere contro manichini, gli era venuta una sete assurda. Stava per attaccarsi al collo, quando gli scoppiò la bottiglia in mano. “Ma che cavolo …” Si voltò verso Balthazar che continuava a bere senza cambiare espressione. Inziò a ridere mentre Dave prendeva una terza bottiglia. “Ma che bravo.” Disse Dave guardandolo. “Resto il tuo maestro, vecchio o no, mi devi rispetto sommo merliniano. Certi trucchetti non te li puoi ancora permettere.”

    Dave sospirò. Ne aveva ancora da sopportare.


    (1Round; Horvath.)
    “Aria fresca, finalmente.” Dave inspirò, a pieni polmoni. Balthazar aveva dato il consenso controvoglia, ma alla fine, eccolo lì, a girovagare per le vie di New York City. Era passata una settimana dall’ultima volta che avevano bevuto insieme quelle squisite Birre nella dimessa. Da allora non avevano fatto altro che allenarsi. Si stampò un meraviglioso sorriso sul volto. Sapeva dove stava andando, ed era lei che gli donava quella gioia inespressa. Probabilmente Becky, era ancora alla radio. Poco importava; lui adorava vederla parlare al microfono, mentre le sue mani, rovistavano nei cassetti giusti per impostare i cd. Bastava osservarla nel corridoio, così semplicemente, per farlo sentire al settimo cielo. Raggiunse la sua stazione radio, e per un attimo osservò quell’antenna che qualche mese fa, era entrata in cortocircuito a causa di un fortissimo temporale. Era stato grazie a quell’incidente che era riuscito a passare il suo primo pomeriggio con Becky. Entrò senza farselo ripetere due volte.

    Balthazar arrivò in cima al solito palazzo. E come ogni volta che poteva, diede vita all’aquila di ferro che osservava la città dall’alto. Ormai aveva superato da tempo quella sensazione di stupidità che lo pervadeva. Infatti, ogni qual volta si trovava sul dorso di quell’aquila di ferro, sapeva che era per cercare Nabila. E sorridendo fra sé pieno di commiserazione si disse, è stupido, ma voglio farlo. Le possibilità di trovarla erano pressoché remote, ma aveva bisogno di sperarlo. Aveva bisogno di tenersi attivo per evitare pensieri che lo avrebbero distrutto poco alla volta lentamente.

    Il pomeriggio procedeva alla grande. Dave ora stava seduto nel bar vicino all’università, a bere una tazza di the con la ragazza dei suoi sogni. Certo, da lì a poco, avrebbe dovuto levar le tende, ma era la prima volta che passava così tanto tempo con Becky senza nemmeno fare figuracce delle quali avrebbe dovuto pentirsi. Il tempo scorreva e Dave, dopo tanto, iniziò ad assaporare il vero gusto della vita di un ragazzo normale. Quel pensiero lo rattristò a malincuore, e cercò di cacciarlo via. Lui non era normale, era speciale. Ecco la solita storia, che si tirava fuori per evitare una crisi. Almeno funzionava. Al momento di lasciare il Bar il ragazzo offrì da bere a Becky, e si salutarono calorosamente all’uscita. La ragazza gli aveva dato l’opportunità di rivederlo, la settimana prossima. Così la vide allontanarsi, ignara di tutto. Dave sperò che davvero gli fosse stato possibile rivederla. Più passava il tempo e meno si sentiva pronto per la sua tremenda missione. Inizia vertiginosamente a pensare al peggio. E se lui non ce l’avesse fatta? Balthazar avrebbe potuto sostituirlo? Ad un tratto gli piombò addosso la terribile verità. Non era pronto, e come se non bastasse, non era riuscito a evocare nessun incantesimo senza il fidato anello di Merlino. Pensò al suo maestro, e si chiese com’era possibile che risultasse così calmo. Evidentemente sapeva mantenere il controllo meglio di lui. Questi pensieri lo scortarono fino all’ultima curva che portava alla metro. Prima che potesse entrare nel sottoscala, si sentì toccare una spalla. Dal brutto ceffo che si trovò davanti Dave, fece un impercettibile salto indietro. Doveva avere la sua età, più o meno. Era davvero pessimo! Biondiccio, alto, striminzito. Look da star punk metal dimenticato. Abbassò lo sguardo e rimase senza parole. Portava le zeppe con disinvoltura, e aveva pure lo smalto nero sulle unghie! “Ci ... ci conosciamo?” chiese Dave che non capiva il suo interessamento per lui. “Vedi io sono molto famoso qui …” probabilmente lo sconosciuto aspettava solo un lampo di genio dal ragazzo. Ma dovette aspettare invano. Dave lo guardò interrogativo, e disarmato. Il punkettaro lo guardo allibito. “Cosa significa? Davvero non mi conosci?” Dave sparò la prima cose che gli venne in mente. “Sei, uno dei Depeche Mode?” “Sono Drake Stone, e per te, un morganiano” sputò come per cancellare dalle sue orecchie quella insulsa risposta. “Ah piacere, io sono … Aspetta, tu cosa sei?!” replicò Dave che collegò solo in seguito le parole lanciate dal ragazzo. “Un morganiano.” “Stai con Horvath?” chiese Dave “Significa che sto con Morgana.” Preciso lui, mostrando più sapienza di quella che aveva realmente. “Ad ogni modo, è probabile che io stia con Horvath.” Continuò, con aria da stupido. “Sai sono qui, proprio per suo conto.” Dave alzò l’anello pronto all’attacco. Quello alzò a sua volta, le mani in segno di resa. “Ehi amico, non sono venuto per farti fuori.” Fece un sorriso poco promettente. “Mi basta farti perdere del tempo.” Dave non capiva, ma ne avrebbe avuto l’occasione di lì, a poco.

    “Che furbastro.” Esclamò Horvath. “Nascondersi in una dimessa, della metropolitana.” Il mago setacciò tutto il sotterraneo, ma non c’era traccia né del sommo merliniano, né di Balthazar. “Stupido. Prima o poi capirà che non ha senso cercarla, ancora.” E un riso maligno gli perforò il volto. “Odioso, anche per i suoi sporchi e stupidi giochetti. Troverò quella bambola dovessi dar fuoco a tutto!” Era stato facile trovare il loro nascondiglio, altrettanto semplice plagiare la mente dell’inserviente dell’università di Dave per sapere ulteriori informazioni su di lui. E ora eccolo lì. A un passo dalla Grimhold. La percepiva, e lo stava chiamando. Soffiò delicatamente sul suo bastone, e da esso ne scaturì subito un fumo grigio e denso, che si sparse per tutta la dimessa. Ci volle poco a notare la sagoma della bambola, che andava a disegnarsi in seguito al fumo che vi si scostava. Sciolse l’incantesimo dell’invisibilità che Balthazar aveva apportato, e fu pronto per uscire. Prima che potesse raggiungere la porta, però, si ritrovò davanti il suo odiato compagno di battaglia. Per Balthazar fu un attimo, vide solo la bambola nelle mani avide di Horvath, che quest’ultimo lo scaraventò verso una bobina di Tesla del laboratorio. Bastò un altro gesto secco, per far in modo che le mani del mago venissero completamente immobilizzate ad essa. “Quanta fretta.” Sbottò Balthazar che in effetti, non aveva nemmeno avuto il tempo di contrattaccare. “Vedi Balthazar, è questo uno dei tuoi più grandi errori. Rifletti troppo, e perdi tempo.” Rise sotto i baffi. Camminava avanti e indietro, proprio sotto gli occhi del mago per innervosirlo. “E’ così che hai perso anche lei.” Balthazar ebbe un tuffo nel petto. A chi si riferiva? Horvath lo guardò deluso. “A Nabila è chiaro. Lei è il tuo presente. Sarebbe stato anche il tuo futuro, se solo non l’avessi lasciata sola.” Si fermò per osservare la reazione del suo prigioniero. “Che cosa le hai fatto?!” Urlò fino a farsi male alla gola. Horvath soffiò. “Caspita, ho superato me stesso!” quanto si divertiva. E si sentiva potente, finalmente dopo tanto tempo. “Non le avrai fatto del male!” “No, no. Sai che sono un uomo generoso e nobile. D’altronde come lo è lei. Bella non è vero?” riprese a camminare. “Peccato che soffrirà meno senza averti nei paraggi.” Dicendo questo lo guardò con un sorriso diabolico sul volto. Balthazar si sentì mancare. Abbassò la testa sentendosi stanco e sconfitto. Si sentiva pesante, colpevole e dannatamente perso. “Suvvia Balthazar, non è divertente se fai così.” Ma il mago non intendeva più rispondere. Ora comprendeva il perché di quella lunga assenza. “Le hai lanciato la maledizione.” Sussurrò, quasi potesse avere la certezza che una volta urlato, quel terribile pensiero si sarebbe avverato. Horvath rise francamente davanti la sua espressione avvilita. “E’ davvero divertente fartelo credere!” Balthazar alzò lo sguardo irato. Se soltanto avesse potuto, liberare una mano. Solo una! “Peccato che ti abbia trovato solo. Sai le risate se ci fosse stato anche il ragazzo?” Balthazar stavolta non urlò. Diede un enorme strattone ai fili che lo tenevano ben saldo alla bobina. Sentì un dolore lancinante al polso destro. Era il minimo che potesse sopportare in quella situazione. Horvath si spostò verso la porta. “Hai ospiti.” E Drake, il suo piccolo prendi – ordini, entrando con passo fermo, scaraventò Dave al centro della sala. Immobilizzato anche il ragazzo, a Horvath e Drake non aspettava altro che la fuga. Il mago lanciò la Grimhold al giovane punk, che la sorresse molto goffamente. “E’ stato un piacere Balthazar. Spero proprio che sia l’ultimo.” Detto questo uscì, lasciando dietro di sé, l’eco della sua risata.

    Balthazar ora libero dalle parole istigatrici del nemico, si concentrò per liberarsi al meglio. Solo allora si accorse che il polso stava sanguinando. Se lo fasciò velocemente senza troppi ragionamenti. Liberò Dave e si diresse come un fulmine verso la porta. “Dove stai andando?” “A riprendermi la bambola.”

    Tanto vale seguirlo, si era detto Dave. Mai avrebbe pensato che un giorno, sarebbe stato protagonista di un vero e proprio inseguimento hollywoodiano. Si preparò al peggio. Girarono l’angolo, e Dave riconobbe subito il fuoristrada del giovane morganiano. “Si balla.” Balthazar, accelerò sulla sua adorata Rolls Royce Phantom II.


    (L’ultima sgommata.)
    Erano nel bel mezzo di New York. “Sai non penso che sia, come dire,” Dave perdeva costantemente il filo del discorso quando era nervoso. E quale momento migliore per renderlo tale, se non un bell’inseguimento con una Rolls Roll lanciata alla sua massima velocità? “Fai conto che se non dovevamo dare nell’occhio credo che adesso stiamo dando spettacolo di noi stessi.” Riuscì a precisare infine il giovane. Balthazar per tutta risposta lo guardò di sbieco. “Voglio quella Grimhold.” Dave alzò le mani combattuto. Non gli avrebbe, mai fatto cambiare idea. Dovevano seguirli. Quello era il piano. All’ultima curva l’auto sbandò per l’estrema velocità, ma non fu questo che lasciò a bocca aperta Dave. “Ma che …” “Sì, si sta nascondendo, per fuggire lentamente a nostra insaputa.” Gli spiegò Balthazar prima che il ragazzo potesse fare domande. Era una situazione un po’ ambigua dopotutto. La strada era disseminata di taxi gialli. Uno tra quelli nascondeva Horvath e la Grimhold. Molto scaltro lo stregone, peccato che Balthazar era troppo concentrato su ciò che avrebbe rivoluto indietro. “Muovi la bambola.” Dave lo guardò interrogativo. “Muovi l’anello, aggancialo alla Grimhold. Ricorda che essa è sempre legata all’anello di Merlino.” Il ragazzo capì e l’istante dopo iniziò a scuotere la mano. La bambola che era tra le mani di Horvath, scivolò, rimanendo sospesa in aria. Ci volle poco, ma dopo ulteriori spostamenti la Grimhold andò a picchiare contro la testa di Drake, che era alla giuda del fuoristrada. Fu allora che Balthazar li identificò. Drake aveva perso il controllo dell’auto e ora stava sbandando verso sinistra. Dave sorrise, li avevano in pugno, ma Balthazar non fece altrettanto. Sapeva che Horvath non si sarebbe dato per vinto così presto e così facilmente. Vide il suo rivale metter fuori una mano e toccare la capotta del taxi. Un secondo, e l’auto gialla divenne una Ferrari nera metallizzata. “Wooo, ma guardali!” sbottò Dave, che rodeva dell’ingiustizia subita. “Ma che bravi!” Balthazar non si scompose. Con aria di superiorità, (non da meno, si sarebbe goduto la scena) mise fuori il braccio e toccò a sua volta, la capotta della Rolls con la mano. Una Mercedez si materializzò sotto il suo palmo, e Dave riacquistò il sorriso. “Questa me la insegni!” esclamò euforico, rivolto a Balthazar. Quest’ultimo, premette il pedale dell’acceleratore, godendosi l’ebbrezza della velocità. Aveva un ghigno disegnato sul volto, che catturò l’attenzione di Dave. Si stava divertendo! Ora come non mai il ragazzo pensò, che il suo maestro fosse fuori di testa! Dal canto suo Dave, non faceva che frustare i sedili in pelle con le unghie. Sentiva l’adrenalina salirgli nelle tempie. Era tutto un fremito, qualsiasi sgommata o curva improvvisa lo faceva sussultare. “Entra nel tunnel” Questo era Horvath. Diede l’ordine a Drake che sterzò violentemente. Il mago mise fuori dal finestrino il suo fidato bastone. Ne fece uscire un denso fumo nero, che oscurò la galleria, dietro di sé. Balthazar ora faticava a seguire le luci posteriori della Ferrari, e come se non bastasse, erano contromano. Dave urlava di terrore ogni volta che Balthazar per un soffio, sviava dei fari bianchi. “Aiutami Dave.” Disse in tutta risposta lui, apparentemente calmo. Strizzò gli occhi per vedere meglio. “Scova anche tu la luce bianca, altrimenti sarà l’ultima cosa che vedrai.” Dave s’irrigidì di più sul sedile che scricchiolava chiedendo pietà. Il mago non aveva migliorato la situazione, il ragazzo sentiva i nervi cedergli. Solo all’uscita poté tirare un respiro di sollievo. Si volse verso Balthazar con sguardo grato. Era incredibile come li aveva tirati fuori da quella situazione. Era davvero un mago al volante! L’inseguimento continuava imperterrito, stavolta uno contro l’altro, alla pari, senza trucchi. O almeno così credeva Dave. “Vediamo come te la cavi adesso Balthazar.” Il bastone puntò dritto verso uno specchio, davanti a loro. La Ferrari frenò, andando a sbattere contro la Mercedez che Balthazar non aveva fatto in tempo a fermare. La spinta della sbandata li fece finire proprio dentro allo specchio stregato di Horvath. “Ma dove siamo?” “E’ un mondo al contrario.” Rispose Balthazar che aveva percepito lo sguardo incerto del ragazzo mentre stava leggendo al contrario l’insegna di un bar. “Sì, Horvath si vendica dello scherzo nel bagno. No, no non moriremo, dobbiamo però uscire di qui il prima possibile.” Rispose a raffica, così senza pensare, alle tante domande che Dave voleva porgli senza però averne la volontà, o il tempo. Domande che risultavano ben visibili sul volto del ragazzo, che non si abituava mai a tutto quel misto di magia e adrenalina. “Dobbiamo cercare il nostro riflesso.” Spiegò poi Balthazar. L’unico modo per ritornare nel mondo normale, era passare attraverso un altro specchio. Dave indicò una serie di vetrine. Balthazar si avvicinò, ma prima che potesse entrarvi questa andò in frantumi. Horvath dall’altra parte, stava rompendo qualunque parete potesse rispecchiare la Mercedez. Balthazar poteva sentire il divertimento nella voce di Horvath, ormai sicuro d’avere la meglio. Ma la sua attenzione passò presto verso una moto che si stava avvicinando alla Ferrari con velocità impressionante. Era una donna a guidarla. Anche Horvath se ne accorse. Troppo tardi per difendersi, la donna levò una mano dal manubrio per lanciare una folgore che ammaccò la Ferrari. Horvath entrò appena in tempo nell’auto con il bastone ancora intero. Urlò a Drake di voltare alla prima curva, ma la moto non cedette il passo. Bathazar ebbe via libera e attraversò l’ultima vetrina ancora intatta. Ora poteva riprendere l’inseguimento. Svoltò alla stessa curva e lasciò che l’acceleratore facesse il suo dovere. La moto a sua volta rallentò di proposito. Ora Dave sulla sua destra, poteva ammirare una meravigliosa Harley Fat Boy rossa fiammante. La donna aveva i capelli al vento. Era senza casco! Qui, si stava degenerando! Balthazar la fissò un solo istante, e bastò a riconoscerla. “Nabila” sussurrò. Era tornata. E per aiutarli in quella lotta all’ultima sgommata. Il mago l’accolse con un meraviglioso sorriso, ma la maga non ricambiò. Lo guardò con faccia stanca, con delusione ampia e palpabile nel volto. Percepiva un desiderio non esaudito, una voglia non accontentata. Eppure lui era lì, e stavolta non l’avrebbe lasciata andare. Doveva capirlo. “E’ Nabila?!” Dave riportò Balthazar nel mondo reale. “Non ha il casco! E’ ha rischio multa!” “A rischio multa dici? Figlio mio, devi rivedere le tue priorità.” Gli urlò Balthazar. Nabila rischiava la vita, con o senza casco, se non fosse stata pronta, nemmeno la magia l’avrebbe salvata. Era la solita pedante, sconsiderata, e orgogliosa donna della quale, adesso più che mai, sentiva di non poter fare a meno. Sorrise divertito verso la sua direzione, e poté per un breve istante, notare le labbra di Nabila corrispondergli. Solo allora si congedò con una sgommata, che seguì una impennata spettacolare. Dave rimase senza parole. Guardò Balthazar in cerca di spiegazioni. “Esibizionista.” Disse lui con un sorriso malizioso. Il ragazzo si portò le mani tra i capelli. In quel momento Nabila spostò una mano in direzione della Mercedez. Questa iniziò a rallentare senza motivo. “Ha imposto un campo di forza!” sbraitò Balthazar. “Ma perché vuole fare tutto da sola!” oltre che esser preoccupato, non sopportava che fosse Nabila a godersi tutto il divertimento. La maga accelerò, raggiungendo la Ferrari. Horvath la scorse dallo specchietto retrovisore. “Che hai in mente principessina?” disse fra sé, con ghigno soddisfatto. Non poteva che attendere di meglio. La competitività era ciò che rendeva Horvath veramente fiero. Balthazar strinse gli occhi, “No, non lo farà,” “Oh sì che lo fa,” il mago squadrò Dave. “Che cè? Che ho detto?” si giustificò il ragazzo. Nabila intanto aveva raggiunto il massimo della velocità, il motore tirava, quasi stesse imprecando. “Su bambolina, rendiamoci utili.” Disse riferita alla moto. Di colpo frenò, la pesantezza della moto, fece alzare la ruota posteriore. Nabila chiuse gli occhi e impose una nuova forza propulsiva. La donna saltò dalla moto, mentre questa roteava sopra la sua testa. Ora entrambe erano sospese in aria, un lieve, lento, fulminante secondo, in cui Nabila alzò le mani imponendole sulla moto, che stava iniziando a perder quota. Sentì il dominio sul mezzo di trasporto espandersi, e quando fu completo, abbassò le braccia verso la Ferrari. La moto continuò a roteare prendendo la direzione dell’auto nera. “Ehm Horvath” implorò Drake che aveva osservato tutto dal suo specchietto. Horvath era rimasto a bocca aperta. Occhi fissi sulla scena “Scendi.” “Come?” “Usciamo, via, via!” urlò Maxim. Maledizione! Non faceva per lui buttarsi da un auto in corsa. Bathazar si lasciò cadere sul suo sedile. Il labbro gli si alzò in una smorfia. “Ma dai.” Dave era impressionato, ammagliato, da tutta quella strategia. “Rammentami, ti prego. Perché mai l’hai lasciata?” voce sognante. Quante volte si era immaginato lui, a fare del free style acrobatico in moto. E ora ne aveva chi di dovere davanti. In quel momento i due videro i loro nemici buttarsi dalla Ferrari in corsa, prima dello schianto finale. Come Nabila atterrò sull’asfalto caldo, la sua moto atterrò come un macigno, sulla capotta dell’auto nera facendola esplodere. Il fuoco che divampò ebbe più riprese, tra la benzina dell’una e il carburante dell’altra. Seguirono due esplosioni. L’ultima dell’auto, si estese per cinquanta metri, fino alla donna che senza scansarsi si teletrasportò, lasciando di lei solo fili di fumo ballerini. Dave per istinto si portò le mani davanti al volto, dimenticandosi, che la maga li stava ancora proteggendo con il campo di forza. “Geniale” seppe solo dire. Balthazar uscì dalla sua autovettura. Prima di inseguire Horvath a piedi e riprendersi la Grimhold, doveva sistemare tutto quel caos. Diradò il campo, e materializzò acqua dai marciapiedi della strada. Questa aumentò velocemente finché non raffreddò, i cadaveri metallici di quelle che erano state, una Ferrari nera metallizzata e un’Harley rossa fiammante.

    Dave era ancora allibito, impressionato, spaesato. Il mago invece, si stava già facendo largo tra la folla per inseguire il suo nemico. Troppa gente, troppe persone tra lui e Horvath. Nabila aveva fatto le cose in grande, e ora tutti si stavano ammassando per capire cos’era successo. Era Horvath che stava inseguendo, era lui che stava cercando. Rimase immobile quando senza preavvisi, si trovò davanti Nabila. Stavolta aveva il cappuccio scuro della felpa, calato sugli occhi. Gli sorrise benevola, ma ancora con quel fare perso e stanco. L’ombra del cappuccio le nascondeva lo sguardo, ma a Balthazar sembrò di percepire dolore anche nei suoi occhi. Occhiaie marcate, più di quanto lui si ricordasse. Balthazar affrettò il passo. Doveva dirglielo. Doveva abbracciarla. Dirle che non l’avrebbe lasciata andare. Stringerla, ricompensando tutte quelle settimane passate senza di lei. Dirle che non l’avrebbe mai più lasciata sola. Iniziò già a sorridere, mentre il suo passo si trasformava in corsa. Nabila lo guardò. Ferma come una statua di marmo. Poi si volse, e prese il primo angolo. Balthazar rallentò. Con sguardo deluso, cercò una risposta a quel comportamento.

    L’avrebbe trovata solo seguendola. Riprese a correre e volse l’angolo. Nessuno intorno, un vicolo cieco. Se la trovò davanti. Tremava.


    (Tua N.)
    Se la ritrovò così. Davanti a sé. Senza nemmeno una parola. Balthazar le si avvicinò. Lentamente, ma lei ancora una volta fece un passo indietro. “Nabila,” la chiamò piano, delicatamente, come se solo una parola di più, la potesse distruggere. Era fragile. Un altro passo del mago le fece stringere gli occhi. La donna alzò una mano tremante verso Balthazar, per fermarlo. “Non farlo.” Si portò lentamente le mani al cappuccio, che scostò abbassandolo. Alla luce della luna Balthazar poté vedere i suoi occhi. Arrossati, gonfi. Trattenevano le lacrime. La mandibola serrata. Denti stretti. Volto contratto. “Che ti sta succedendo?” Balthazar continuava ad avvicinarsi. Stavolta la donna non si ritrasse. Il mago continuò ad avvicinarsi, piano, finché il suo viso non fu a un palmo da quello di Nabila. Lei tenne lo sguardo basso. Sembrava che tutto di lui, le facesse male. Balthazar le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Tutto scorreva al rallentatore. I suoi gesti. I suoi sguardi. Perfino i suoi sentimenti, vacillavano. Giungevano piano, al cuore per evitare che Nabila potesse farsi del male. Erano emozioni potenti quelle che provava lui, tanto forti, che avrebbero potuto distruggerla. Era amore. Lei non l’avrebbe retto. Con la mano posta sul mento della donna, Balthazar le alzò il volto. Fu allora che sentì. Nausea, spasmi, vertigini. Dolore, contrazioni, bruciore. Tutto in una volta. Tutto in un secondo. Si sentì mancare, ma per poco. Quando tornò in sé, lo sguardo che accolse Nabila, era sgomento, spaventato. Balthazar percepì flebilmente, dentro il petto della donna, una forza. Era viscida, sporca, orrida. Martellava senza sosta, ponendo continui scatti elettrici nei nervi, ormai sciupati da quella tortura. Fu solo un attimo, una percezione. Tutto il corpo di Nabila gli parlava, lo supplicava di allontanarsi. Fu allora che capì. Lei non parlava, non poteva nemmeno averne la forza. Si chiese come fosse possibile che gli restasse ancora accanto. Ora che sapeva, il mago si portò una mano sulla bocca. Si volse. Non doveva mostrare la sua debolezza, davanti a un animale ancora più debole di lui. Doveva infonderle coraggio, doveva sorreggerla, ma come poteva farlo, se non poteva più starle vicino. Ritornò a guardarla. Non si vergognò delle lacrime che gli appesantivano gli occhi. “E sei qui, davanti a me.” Sussurrò “Nonostante tutto.” Lei annuì lievemente. Le sue mani ebbero uno spasmo. Furono fermate dalla presa ferrea di Balthazar. Lui appoggiò la sua fronte su quella di Nabila. “Perdonami, io non ci riesco.” Era lui quello spaesato. Alzò le mani, le portò al volto della donna. Senza toccarla le contrasse violentemente, in un impeto d’ira. “Sono io che non riesco a starti lontano.” Ruggì. Parole vere, spietate gettate con un ringhio trattenuto per la collera repressa. Ira verso Horvath che l’aveva rovinata. Aveva rovinato una donna per il suo sincero amore, che lui non aveva saputo corrispondere, non aveva saputo accettare. Ira contro il mondo, per le ingiustizie che gli procurava, ogni santo giorno. Ira contro quelle stupide lacrime che ora gli rigavano il viso. E impotenza. Riaffiorò la sua voce pacata “Non voglio farti del male.” Solo quello. E nient’altro. Non doveva più soffrire, glielo aveva promesso. Nabila scostò violentemente i capelli. Era un cenno negativo. Aprì la bocca più volte, ma vi uscirono solo respiri. Fu lei a prendere il viso di Balthazar tra le mani. Lo guardò negli occhi. Uno sguardo fisso, combattivo. “Non spaventa me, non deve spaventare te.” Era un pensiero, che la maga gli comunicò, risoluta. Balthazar abbassò lo sguardo annuendo lentamente. Dal volto del mago, Nabila fece scorrere le sue mani lungo il collo. Le spalle. Le braccia. Strinse debolmente una mano e con l’altra gli lasciò un oggetto freddo, che catturò l’attenzione del mago. Balthazar notò il cellulare stretto nella sua mano. Non capiva ma sapeva che l’avrebbe fatto. Portò una sua mano sulla spalla della donna. Era la resa dei conti. Tutto ciò che aveva presupposto era solo teoria, disinganno. Nabila strinse gli occhi, non seppe se per dolore, o per vergogna. Vergogna per ciò che Balthazar avrebbe potuto vedere. Lui scostò lentamente la spallina della felpa della maga. Sentì un risucchio. Freddo umido. Un marchio impregnato di odio, sporcava la pelle bianca delicata che lui aveva sempre amato, rendendola estranea al suo contatto. Era dunque quella la maledizione. Una maledizione che le aveva rapito la donna che a poco a poca, diventava sempre più un fantasma ai suoi occhi. Lei lo riguardò. Cercava una risposta, ma fu lei che la diede con tutte le sue forze. “Qualunque cosa accada, ti prego. Fidati di me.” Chiuse gli occhi, immergendosi nel buio della sua stessa anima. La sua voce, roca, debole, persa. Non c’era più. Non era più lei. Lei se ne stava andando pian piano. Ed era troppo tardi. Ora solo chi aveva imposto la maledizione poteva cancellarla. Cancellare quel marchio di morte. Nabila capì che Balthazar non aveva udito profondamente le sue parole. Con una mano strinse la sua mandibola. Delicata come sempre. “Guardami, Balthazar.” Ora era lei a reprimere la rabbia. “Fidati di me.” Sillabò. E infine, come era apparsa così si dileguò. Non doveva lasciare a Balthazar il tempo di seguirla. Si volse e sparì nell’oscurità. I fili di fumo nero erano l’unica cosa che restava del suo passaggio.
    Balthazar alzò lo sguardo al cielo mentre quel fumo, veniva portato via dal vento.
    Osservò il cellulare. Dave era con lui, al suo fianco, ancora ignaro di tutta la vicenda. Ignaro del castigo imposto a Nabila, dal loro nemico. Il ragazzo doveva sapere. E lui doveva agire. La spia dei messaggi si illuminò. Lesse l’unico SMS presente nei preferiti. Il messaggio che poco prima, doveva aver salvato Nabila, per lui.

    “Cercami solo se necessario, solo se inevitabile,
    Ho fatto la mia scelta, ne sto pagando il prezzo. Non alziamo la posta in gioco,
    ma ti prego: Cercami.”
    L’unico numero salvato, era sotto il nome di “tua N.”




    Bussano alla porta. Strano. Soprattutto per l’ora. Soprattutto se in un Hotel. Soprattutto se la tua serata è stata un continuo inseguimento. Maxim Horvath si alzò dal divano sul quale era comodamente seduto. Appoggiò il giornale sul tavolo di vetro, e andò verso la porta. Aprì. “Buona sera principessina.” Occhi furbi, sguardo solidamente viscido e soddisfatto. “Mi chiedevo proprio quando saresti arrivata.” La fece entrare. Nabila si tolse quella stupida felpa. Sguardo accidioso. Membra ben salde, robuste, sane. Sguardo potente, agghiacciante. “Odio mentire.” Voce ferma, suadente. Era lei. Maxim si risistemò sul divano. “E’ stato tuo il piano, non puoi rinfacciarlo a me.” L’uomo si accese il sigaro, mentre Nabila sedendosi di fianco a lui, si versò un bicchiere di Rhum. “E’ stato struggente non vero?” la voce di Horvath era sottile, mielosa. Si mise a ridere. Nabila buttò giù il liquido scuro. “No. E’ così che sarebbe sempre dovuta andare.” “Ad ogni modo, Balthazar non deve sospettare nulla.” Nabila inchiodò Horvath con uno sguardo. “So quello che faccio. E so di farlo bene.” finì con enfasi. Il mago ghignò diabolico e lei lo imitò. Lui versò un secondo bicchiere ad entrambi. “A noi.” Si avvicinò al volto della donna. “E a te, mia cara principessa.” “A Morgana.” Concluse solenne Nabila. Buttò giù. Stavolta lucida, consapevole e quel che era meglio, senza rimpianti.


    To be contined

    Edited by ‚gauloises - 7/4/2011, 23:37
     
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  2. ring'bell
     
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    aggiunto il secondo capitolo! **
     
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    E ho scelto di leggermi la fan fiction, al diavolo il film...voglio leggermi la fan fiction e come hai detto tu,lalls, spieghi bene le cose.
    Mi sono un po' scemunito per dare forma ai personaggi e immedesimarli nei personaggi ma devo dire che i miei personaggi preferiti sono due finora: Dave & Nabi!
    Di Nabi mi attira quel velo di mistero che le gira attorno, e quella cosa da sembrare una femme fatale.
    Invece Dave mi fa ridere per il modo in cui si comporta e devo ammettere che il mio capitolo preferito è il secondo perchè si capisce di più su Nabi! Oramai Nabi è diventata il mio personaggio preferito e lo ha dato anche un volto tutto mio anche se tu dirai che non può sembrare lei: Alexz Johnson! *__* XD
    Continua, aggiungi uno di quei 14 capitoli susu...
     
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  4. ring'bell
     
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    alex ti ringrazio^^ come detto su msn, ti abbraccerei! Tranquillo per l'immagine che hai dato a Nabila. E' il personaggio che ho creato, non presente nel film, proprio per dare la possibilità di immaginarsela. e poi a me piace Alexz. Fai conto, so pochissimo di lei, però la trovo molto bella ^^

    Grazie ancora d'aver letto tutto. Aggiungerò, sicuramente tutto il lavoro pian piano ... e che dire Dave è una forza. xD
    Con Nabila ci fa su un caos da finimondo. =D

    A presto il capitolo 3
     
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    Di niente! (:
    uhuh, se ci sono altre scene Dave&Nabila ci sarà da ridere... XD
     
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  6. ring'bell
     
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    aggiunti capitoli 3 e 4
     
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    Letti i capitoli. Porca miseria però Dave sta sempre davanti le palle.per questo è un mito xD
    Nabi mi è piaciuta un po'meno nel 4 capitolo e il livido non è per niente un buon segno!
    Non parliamo del terzo capitolo...ho odiato quello str**** eppure è una delle mie scene preferite quando lui la minaccia. E' stato cosi... wow! Proprio da immaginare la scena....
     
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  8. ring'bell
     
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    noooo xD come non può esserti piaciuta Nabila nel quarto capitolo xD Io solo per quello le farei un monumento ^^

    Comunque grazie, che continui a leggerlo.
    Il mio lettore fedelmente fedele xD
     
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    il tuo lettore fedelmente fedele ha solo letto quattro capitoli, non ha letto chissàche! : D
    Per me Nabila certe cose che non le doveva fare se doveva rispecchiare la femme fatale che avevo in mente...come se avesse perso quel pizzico di presunzione e di sicurezza che ha conservato nel terzo capitolo anche se sembrava turbato...tutta colpa dell'alcool! XD
     
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  10. ring'bell
     
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    aggiunti 5, 6, 7 capitoli <3
     
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    Nabila ha sbagliato,non doveva fare quella scelta..e spero non attacchi Zar ora che lei è via..anche se lo ama, come ha detto Dave!
    Nel frattempo non ho capito, Veronica è la moglie di Zar ma anche Horvarth amava veronica? Mentre Zar amava di più nabila che Veronica, ma non voleva ammetterlo perchè lei era dalla parte del male..giusto?

    Ahahah, l'ultimo pezzo è divertente!
     
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  12. ring'bell
     
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    nabila la scelta sbagliata?? auguri al dopo allora ... Cmq hai capito tutto esattamente.
    Horvath e Zar innamorati entrambi di Veronica. Ecco perchè si odiano. Nabila ama Zar, ma lui non voleva ammetterlo perchè lei era dalla parte del male ...
    è perfetto, come rovinare una vita tranquilla xD
     
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    E no Lalls... ma proprio che vuoi vederci schiattare a noi fan di Nabila! LA VOGLIAMO TRA I BUONI!

    (un po' di collegamenti li riesco a fare...sono fiero di me stesso!) XD
     
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  14. ring'bell
     
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    AGGIUNTO 8 CAPITOLO
     
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  15. ring'bell
     
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    aggiunto 9 e 10 capitolo!
     
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29 replies since 24/8/2010, 18:14   186 views
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